Turismi

Monasteri Aperti – Per viaggiatori che cercano l’armonia

Monasteri Aperti

Monasteri Aperti – Per viaggiatori che cercano l’armonia

Lo chiamano “turismo monastico” o, se preferite, viaggi spirituali per “staccarsi da tecnologia” e velocità della vita ed “elevarsi” in semplicità, preghiera e silenzio. É in grande aumento.

Fino al 2019 (prima della nota Pandemia) il “turismo nei monasteri” rappresentava finanche il 30% sul totale del “turismo religioso”. Un percentuale elevata su cui ben riflettere.

I monasteri in Italia che “offrono ospitalità” sono circa 200. Molti, ben 120 (con 5000 posti letto), consentono anche l’autentica condivisione della “vita monastica”, durante il soggiorno.

Sveglia all’alba per pregare, meditare, stare molto in silenzio, lavorare nell’orto, conoscere l’erboristeria, studiare e praticare le attività per il benessere fisico e la ricerca interiore.

Si impara la “cucina sobria” e una “saggia cultura alimentare”, si condivide molto (con gli altri) la quotidianità e si ritorna anche ad apprezzare la reciproca generosità insieme.

L’Italia è la meta ideale per gli stranieri in cerca qualità e autenticità

Oltre a vivere esperienze si fabbricano “ricordi molto utili” per il ritorno, a casa, nella quotidianità. Le comunità promuovono l’ospitalità con Internet, “prevalentemente”, e il web marketing.

Molti viaggiatori, dall’Europa centrale, sognano il paesaggio italiano, medievale e monastico, che é stato ben raccontato nei libri di Umberto Eco.

Dopo le crisi “geo-sanitaria” (del 2020) e “geo-bellica” (del 2022) tale tendenza, legata alla ricerca di piccoli luoghi con qualità e autenticità, “isolati e sicuri”, si é sviluppata e l’Italia é, per questo, una “meta ideale”.

Ora si delinea una “nuova prospettiva”. Non tanto soggiornare nei monasteri, dove vivono religiosi che ti accolgono, ma essere ospitati in strutture pianificate a “monasteri aperti”.

Luoghi per viaggiatori dove il “nuovo lusso”, e quindi “l’armonia interiore”, “non si compra” ma “bisogna sapersela cercare” con un “cammino” che la struttura ricettiva “cerca di offrire”.

Monasteri Aperti

Foto tratta dalla Copertina del Libro, di Ignazio Cozzoli e Franca De Simone,
“Bussate e vi Sarà Aperto” (Ancora Editore, 2008)

Monasteri aperti: viaggi interiori nel paesaggio culturale italiano

Un modello ricettivo, i “monasteri aperti”, che si adatta a strutture, con valore storico artistico, recuperate anche in piccoli centri storici.

O, in antologia concettuale, a “beni sparsi di pregio” (come residenze d’epoca o ex monasteri ristrutturati) inclusi, direi “cesellati”, nel paesaggio culturale italiano dove c’è un’atmosfera percepita solo lì… a tiratura limitata.

Un “cortese monito”, direi progettuale. In queste strutture “occorre togliere più che aggiungere”.

Lo stile, delle ristrutturazioni o delle soluzioni interne (sia impiantistiche che d’arredo), deve ispirarsi ad una “elegante essenzialità” simbolo del primo passo che gli ospiti devono percepire: “togliersi i pesi inutili per diventare più sottili” e, quindi, elevarsi nell’animo.

Fin dalla comunicazione del “prodotto turistico”, e nei modelli gestionali, occorre spiegare che si tratta di vivere da “eremiti a tempo”, nei giorni della “vacanza”, prospettando viaggi interiori più che itinerari nel territorio.

Il “cammino interiore” e la formazione del personale

Questi ultimi potrebbero essere previsti ma se organizzati come “momento di scoperta” di luoghi simbolici adatti per un “cammino interiore”.

Attenzione a non “scivolare”, in questi modelli, nel “già visto” dei servizi benessere o correlati all’alimentazione giusta per tornare in forma.

Si tratta, per i “monasteri aperti”, di una impostazione più sofisticata che unisce aspetti materiali, immateriali (con le atmosfere sensoriali) e “animici” che allargano, espandono, la “saggezza positivo-creativa” degli ospiti.

Rifuggo dal fare un “lungo elenco” di attività che si potrebbero prevedere nei “monasteri aperti”. Alcuni di questi “servizi” sono già stati indicati, all’inizio di questo scritto, nel caso dei veri monasteri dove i religiosi ospitano i viaggiatori.

Mi limito a citare il metodo, a partire dalla formazione del personale che deve sentirsi “parte di una missione: donare armonia”.

Nei monasteri aperti il personale ha una missione ben precisa

Contrariamente a quanto si immagina non sono i gestori a scegliere il personale ma, bensì, sarà il personale a scegliere tale missione d’ospitalità.

Chi cerca “solo un posto di lavoro” non é “adatto” per queste attività.

Perché in ogni spazio, della struttura ricettiva, e in ogni momento, il personale dovrà “quasi prendere per mano l’ospite” e con “empatia interiore”.

E ora é ben chiaro che l’antica semantica, ancora presente nei modelli gestionali, di “coccolare il cliente come se fosse a casa”, perde significato.

Qui si tratta di “azioni ben più elevate” che, durante il tempo d’ospitalità, faranno capire agli ospiti come si attraversa una “porta stretta”, non solo diminuendo il proprio peso ma… captando l’energia interiore dai cibi.

Elevare l’armonia anche a tavola

Quindi, rimanendo in ambito ristorativo, non solo sarà di rilevo la qualità, autenticamente locale, dei prodotti agroalimentari; la “sobria armonia” della cucina; le relazioni fra alimenti e proprietà per il benessere (anche curativo); le storie affini “all’arte del buon mangiare e bere”.

Ma, sopratutto, come ciò viene svolto quasi fosse “rito simbolico” che eleva l’armonia.

Simili considerazioni valgono per le “animazioni” con esperienze olfattive, sonore, visive e anche spiegando come “movimenti corporei e sportivi” possono sostituire, in parte, i farmaci.

Il gesto semplice di consigliare un libro, o una lettura, dovrà, come altri servizi, diventare un “lento divenire” di sguardi, gesti e atti consapevoli, meditativi, anche con candele accese.

Siamo nella prospettiva della de-globalizzazione dove sostituire al macro il micro; al già pronto l’autentico poco costruito; al rumore il silenzio che ricreare l’ampiezza di andare oltre; all’eccesso il risparmio per l’armonia persona-ambiente.

Nei monasteri aperti non c’è spazio per la multimedialità

Uno “stile” non solo “confessionale” ma interiore e ampio d’amore per la reciproca generosità che irradia buone energie.

Lasciate perdere, se volete gestire un “autentico monastero aperto”, le smanie di attivare la iper multimedialità in ogni luogo. Ci dovranno essere “aree libere” dove non c’è “alcun segnale da captare”, tranne quello interiore.

Zone in “albergo” bonificate da ogni magnetismo, che dobbiamo “subire” ogni giorno, recuperando l’antica percezione di sapienza interiore.

Ormai il metodo, per pianificare e ben gestire un “monastero aperto”, é emergente e le singole scelte si faranno, “su misura”, per la specifica struttura e località.

Un punto rimanere “baricentrico”: sono luoghi, questi, nei quali si “entra in dimensioni” percettive “più ampie”. E ogni cosa che avreste offerto in un comune albergo qui dovete “elevarla sino al rito”.

Stimolare la crescita umanistica

Siamo nel tempo dei “turismi”, con infiniti tipi di ospiti a cui adattare le offerte “uno a uno”.

Ma, quando si crea un’ospitalità più elevata, “più sottile”, nei contenuti emozionali interiori, si risponde alla necessità degli ospiti che sognano luoghi “interiori” come “isole felici e sicure”.

Questa esigenza, il rientro nel sacro (inteso in modo ampio), é ormai preminente.

Abbiamo, negli ultimi cento anni, progredito, in modo anche “imprevisto”, così velocemente che non c’è stato il tempo per una eguale crescita umanistica.

Questi “alberghi”, di piccole dimensioni, o per pochi clienti alla volta, come “isole metaforiche”, dovranno produrre nuova “umanità creativa” in coloro che avranno la volontà di viverli “fuori dal loro tempo”.

Monasteri aperti: solo gli autentici viaggiatori possono viverli e raccontarli

Una “prospettiva finale”, fra le tante che potevo citarvi. Malgrado ogni minuto su YouTube sono 5 milioni i video visti, non provate, nemmeno per un attimo, a pensare “solo” alle promozioni Internet.

I “monasteri aperti” devono rimanere “nascosti bene”.

Perché solo chi, da autentico viaggiatore, li avrà prima sognati e poi attesi potrà scoprirli, viverli e raccontarli.

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