Storytelling

L’arte di raccontare: attività, luoghi e viaggi

Arte di raccontare

Raccontare le emozioni con le parole, nell’era delle immagini, in un “mare” di strumenti multimediali: ormai é un atto direi “artistico”.

In un secondo, su Instagram, vengono pubblicate 3.600 fotografie.

Nello stesso “breve” secondo, su YouTube, si guardano oltre 12.000 ore di video.

Mentre é annunciato il Metaverso (evoluzione del geologico Second Life) fra ologrammi, realtà aumentata e i prossimi “oggetti immateriali”.

Il fisico si smaterializza, da vita ad altre dimensioni, e ci lascia in questo mondo dove, “sembra”, la parola non incide più, del 15%, sull’efficacia della comunicazione.

Forse per questo, in modo paradossale, che le persone con la “dote” di saper scrivere, per raccontare attività, luoghi e viaggi (da copywriter, redattore pubblicitario), sono figure professionali ben rare e molto “ricercate”.

Verso il ritorno ai valori autentici

Nel mio, ormai ampio, cammino ho imparato (anche dagli errori fatti) che il nuovo “non sostituisce ma integra” e, nel “medio periodo”, ciò che appariva essenziale, per risolvere “tutto e subito”, decade con rapidità e si armonizza alla “instabilità dei sistemi”.

E, vedrete, diventerà sempre più importante, quasi fosse una rivincita sul “dilagare iper-tecnologico”, il ritorno a valori filosofico interiori e umanistici di bene e bello.

Già ci sono i “primi segnali” anche nella promozione di attività dove, seppur sono importanti i canali Internet, c’è un ritorno ai valori di autenticità, integrità, qualità nel piccolo, che si trova “solo” in un luogo particolare, quasi fosse a “tiratura limitata” e fatto “su misura”.

E tutto questo si racconta certo con immagini, video e la multimedialità, ma attraverso parole che sanno “dare un’anima” alle forme visive di un vedere troppo fisico.

Alle parole si sposano i suoni, che parlano al nostro io.

L’arte di raccontare: saper scrivere correttamente non basta

Ma cos’è l’arte di raccontare e come si apprende?

É, in realtà, una domanda senza una sola riposta e vorrei cominciare dicendo che il saper scrivere correttamente, anche se é un elemento essenziale, non basta.

Non basta nemmeno, seppur é importante, ben conoscere le tecniche di comunicazione e saper capire come parlare ai potenziali clienti in relazione a mercati di riferimento (domanda-offerta) e attraverso possibili posizionamenti per avere un vantaggio competitivo sui concorrenti.

L’arte di scrivere é, soprattutto, uno “stile di vita”.

Non si possono trovare le “parole giuste”, che suscitano emozioni interiori, con energie espansive, se non abbiamo, prima, fatto un nostro cammino interiore per “entrare in risonanza” con ciò che raccontiamo.

Chi vuole imparare l’arte di scrivere deve ben conoscere gli aspetti legati a meditazione, simbolismo, essenzialità.

Vivere in prima persona attività, luogo e viaggio da raccontare

La gran parte dei corsi, per ben imparare a scrivere, seppur di qualità, dovrebbero (ma questo é solo un piccolo consiglio) ampliare gli aspetti correlati allo “sviluppo delle potenzialità interiori” dello scrittore.

Quella ricerca dell’io superiore, definibile “resilienza”, che esiste, in noi, ma che dobbiamo far emergere.

Ora fatemi dire che non si può scrivere solo per incarico, da svolgere in modo ben veloce, e spesso avendo visto solo foto, immagini e aver letto qualche informazione.

É un percorso ben più “lento e complesso”, che inizia con il vivere direttamente l’attività, i luoghi o il viaggio che dobbiamo raccontare.

Vivere é “mettersi in ascolto” e percepire ciò che, di materiale e immateriale, dovremo poi rappresentare con le parole. La parola é come una “forma” che plasma ciò che abbiamo vissuto (prima di scrivere) e si sublima in emozioni percepite dai lettori.

Arte di raccontare

Città Celeste (V) Lorenzo Bonechi (1955-1994)
L’Artista, nel 1987, “rilegge” il tema della Gerusalemme Celeste ispirandosi a fonti Sacre, Filosofiche e Geometrie essenziali.

Semplicità, sintesi e baricentro del racconto

Non é “appropriata”, anche per i nati dopo il 2000 (i Millennials), la formazione declinata al prevalere di strumenti multimediali, senza alcune capacità come l’antica sapienza di “semplicità e sintesi”.

Essere capaci di semplicità e sintesi non é scrivere testi brevi, come negli incessanti dialoghi, “senz’anima”, nei Social Network.

La semplicità e sintesi, sapiente, si ottengono quando la tematica, prima vissuta direttamente, viene, dallo scrittore, interiorizzata.

Solo con questo cammino si trovano le parole giuste per raccontare come fossimo uno scultore che “toglie senza poter aggiungere”.

Un ulteriore aspetto é trovare il “baricentro” del racconto. E cioè quel “particolare” da cui discende tutto il resto.

Un “solo” baricentro, da saper percepire e selezionare, immaginando il lettore.

Molte informazioni equivalgono a nessuna informazione: un “dogma” da ben valutare.

La lunghezza di un racconto

Ora, vorreste sapere la lunghezza di un racconto?

É un altro quesito senza una risposta. D’altronde se ho citato “l’arte del racconto” la parola “arte” induce ad aspetti di creatività “non definibili”.

In ogni caso provo una sintesi: un titolo o un sottotitolo (che si cita come pay off) deve includere 3-9 parole.

Un testo ottimale, per farsi ben leggere, circa 60-120 parole; un elaborato più lungo deve, comunque, essere composto da più testi separati, ognuno sino a 120 parole (scritto da un “particolare” che fa da baricentro).

Le immagini, i video e la multimedialità non vengono prima ma dopo le parole.

Prima si scrivono le parole e dopo, solo dopo, si costruisce la “parte foto, video e multimediale” (un metodo opposto a quello della modernità).

Come citano alcuni autori di musica le parole vengono molto prima, dei contenuti musicali, come fossero una “vera anima”.

La lunghezza dei video

Com’è evidente, per i lettori di questo scritto, che speravano di leggere un manuale per redattori, il cammino non é affatto breve.

Consiglio di tornare in “bottega” dove, dopo aver appreso gli strumenti di base (in scrittura e comunicazione), occorre trovare un Maestro per “condividere” l’esperienza di apprendere.

Semplicità e sintesi valgono anche per i video che non possono superare, se pensati per YouTube, i 2-3 minuti.

Video più lunghi devono avere analogo metodo: essere realizzati “ricollegando” singoli video, da 2-3 minuti, ognuno costruito a partire da una particolare immagine come “baricentro emozionale”.

Alle guide turistiche, solo come citazione, raccomando la “antica regola” del teatro: lo spettacolo (e la visita ai luoghi) deve durare 60-100 minuti mostrando non tutto ma solo “pochi siti essenziali” (e cercando di “raccontare il particolare”).

La multimedialità applicata ai beni culturali

Non mi stancherò mai di consigliare, per la visita di musei e mostre, la “selezione” di poche opere da guardare e meditare senza “correre”, da un punto all’altro. Quasi fosse, l’arte, un prodotto da consumare.

Se state pensando a come poter scrivere le guide per musei, luoghi turistici o ben descrivere viaggi, tutte le metodologie, prima “tratteggiate”, possono essere ben applicate.

E questo vale sia per i siti Internet che per ogni altra applicazione multimediale.

A proposto, poi, della multimedialità applicata ai beni culturali anche in questo caso occorre “aggiungere più che sostituire”.

Se volete simulare, con la realtà aumentata o le tecniche degli ologrammi, com’era un pavimento storico occorre lasciarne una parte “al vero” (senza “aggiunte visive”) per conservare il contatto percettivo, autentico, dando con la possibilità di “canalizzare” l’energia del bello.

Impegnare più risorse per l’elaborazione dei testi

La conclusione di questo breve scritto, sull’arte del racconto, é sugli “investimenti per la scrittura”.

In generale, tranne alcune rare situazioni ottimali, si impegnano poche risorse per l’elaborazione dei testi.

Anzi, soprattutto nelle attività turistico culturali, é un aspetto non prioritario.

Se, come già detto e malgrado la multimedialità, le parole incidono almeno per il 15%, sulla comunicazione (forse molto più), bisogna investire tale percentuale nei progetti previsti.

Inoltre, valutata l’importanza crescente del passaparola, bisognerebbe investire, di più, anche in formazione nella “dizione” al fine di migliorare il parlare bene soprattutto per chi é nei servizi d’accoglienza ospiti, culturali o si rivolge ai viaggiatori.

Saper scrivere e saper parlare sono, forse, aspetti “quasi velati”, dall’attuale modernità, ma che, ben presto, ci faranno ritrovare “l’oro dell’azzurro”.

L’oro dell’azzurro Joan Miró (1893-1983) Opera del 1967, Barcellona, Fundació Joan Miró

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