Turismi

Il presepe, linfa vitale per i piccoli borghi

Il binomio presepe-turismo movimenta flussi economici di tutto rispetto. Il primo fu quello di San Francesco di Assisi a Greccio. Era intorno al 1210 quando il frate decise di realizzare la prima drammatizzazione della nascita di Gesù Bambino.

Da allora tempo ne è passato ed anche il modo di celebrare la nascita di Cristo è mutata. L’Italia, infatti, in lungo e in largo è costellata di tradizioni legate ai presepi e alle sue rievocazione.

Se da un lato vi è a Napoli la tradizione dei maestri presepiali, abili nel realizzare statuine che sembrano vere, altrove c’è la tradizione del presepe vivente per rievocare questo evento fondamentale per i cattolici.

Il boom dei presepi viventi

In Sicilia, in Emilia, in Basilicata (giusto per citare alcune regioni) uomini, donne, bambini ed anziani tutti partecipano per celebrare quello che, per chi ha fede, è il momento più importante dell’anno.

I presepi viventi, sicuramente, più attrattivi ed emozionali, sono quelli che si svolgono in piccoli borghi rurali, dove i figuranti stessi sono abitanti dei piccoli paesi. È proprio in questi luoghi che respira principalmente lo spirito del Natale.

Ogni paese ha un suo modo di allestire il presepe, unico fattore comune sono le scene più salienti. La drammatizzazione si può differenziare per i costumi e per gli allestimenti: chi lo fa in stile Seicento napoletano, chi invece cerca di riprodurre fedelmente quello di Betlemme, chi ancora seguendo le vestigia e le tradizioni del posto.

A Pietrelcina in scena attori professionisti

In alcuni presepi, quelli a maggior impatto mediatico, come quello di Pietrelcina, per esempio, si usano attori professionisti per cercare di attrarre il maggior numero possibile di visitatori.

A questi però si associano sempre figuranti locali, che per quasi un mese si dedicano alle prove cercando non solo di rendere le scene più fedeli possibili all’originale, ma anche innovando di anno in anno la manifestazione.

È possibile quindi essere coinvolti in prima persona nelle scene, oppure essere chiamati per assaggiare e degustare quanto i figuranti mangiano: pasta fatta in casa, salsicce nel sugo, lardo, zeppole. Il tutto innaffiato da ottimo vino, anche per difendersi dal freddo pungente. Un condensato di turismo enogastronomico da godersi in uno scenario suggestivo.

Presepi viventi: i numeri di un successo annunciato

Se oggi queste manifestazioni apportano fedeli in modo considerevole (Piubega più di 30mila; Tarquinia 1400 visitatori in un giorno, 6000 i visitatori in 3 giorni; Matera 30.000 visitatori; Pietrelcina sin dal 1997 i visitatori sono stati 30.000, dato oramai consolidato) negli anni passati questo trend si era arenato.

Alla fine del 1990 fino al 2006 questo fenomeno era andato un po’ in disuso. Poi, grazie al nuovo modo di promuovere e organizzare i presepi viventi, si sono avuti numeri decisamente più confortanti.

Oggi, infatti, grazie anche all’avvento dei social network e alla strutturazione degli organizzatori, il fenomeno ha un trend positivo e in netta crescita. Si propongono, infatti, servizi accessori, soggiorni interessanti e bellezze da vedere. Oltre a prelibatezze da assaggiare.

I tour operator hanno già fiutato l’affare

I tour operator iniziano la lavorare in questa nicchia di mercato sin da fine estate, proponendo pacchetti anche di più giorni. Nei piccoli borghi montani – visto tra le altre cose che queste manifestazioni si tengono fra Natale e Capodanno, o da Capodanno alla Befana – sono inserite anche giornate da passare sulla neve o nei mercatini. Che a loro volta diventano opportunità per fare turismo.

Da constatare, nonostante l’indiscusso appeal di queste manifestazioni, l’ancora scarsa professionalizzazione e organizzazione istituzionale. Sarebbe invece auspicabile una policy che possa mettere in rete queste iniziative al fine di creare un vero e proprio turismo presepiale.

”Turismo presepiale”: spunti per valorizzare i piccoli borghi

Questo nuovo tipo di turismo (che di nuovo avrebbe solo la strutturazione e l’organizzazione) porterebbe non pochi vantaggi ai territori che, come detto, sono piccoli borghi rurali. Che proprio sulla loro identità  e sulle loro pecualiarità possono giocarsi una carta importante sotto il profilo turistico.

Ecco cosa si potrebbe fare:

  • Promuovere la conoscenza e la valorizzazione della secolare tradizione del Presepe italiano;
  • Favorire il recupero, la conservazione, la promozione dei presepi e degli antichi mestieri, oltre che dell’artigianato;
  • Concorrere all’incremento, alla conservazione, alla manutenzione ordinaria e straordinaria dei costumi e accessori necessari ai Presepi viventi e alle cerimonie tradizionali;
  • Incrementare la conoscenza e la promozione turistica di aree urbane, monumenti, musei, edifici storici (sviluppare il potenziale attrattivo della città e i suoi dintorni);
  • Valorizzare la fruizione partecipata del tempo libero a favore di fasce diverse di pubblico.

In ogni caso, è opportuno fare affidamento su un’organizzazione che faccia dell’originalità il suo punto di forza, di attrattività: oggi di presepi viventi ne vengono proposti a centinaia su e giù per lo Stivale. Proporre una caratteristica distintiva significa fare la differenza, creare interesse.

Queste brevi considerazioni possono rappresentare uno spunto sul quale cominciare a ragionare e a confrontarsi. Per poi attuare concretamente progetti che possano intercettare flussi turistici anche in periodi dell’anno che in alcune zone sono considerati poco produttivi dal punto di vista turistico.

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