Hospitality Management

Temporary Management, l’arma vincente che non sfruttiamo abbastanza

Temporary Management

Il Temporary Management: cos’è? Può essermi utile?

Ebbene sì: dopo essermi dedicato ai Brand Effetto Wow, ho deciso di puntare su un argomento diverso dal solito. Di quelli che piacciono ai tecnici, densi di numeri e percentuali.

L’ho deciso perché ritengo questi dati siano interessanti e non scontati, di cui poco si parla in ambito turistico – alberghiero, ottimi a dare voce a riflessioni per cui non ho avuto mai, prima di ora, lo spunto giusto per metterli su carta (digitale!).

Non mi sono mai definito un “Temporary Manager” poiché il mio obiettivo è aiutare le aziende a crescere in funzione di quelle che sono le loro reali esigenze; la formazione, la consulenza, la redazione di un Business Plan ad esempio.

Al servizio delle imprese solo per il tempo necessario

Soprattutto non ho mai voluto vincolare le imprese a servirsi delle mia professionalità per un periodo di tempo diverso da quello di cui hanno realmente bisogno.

Ma a pranzo con alcuni amici imprenditori, tra un primo piatto gustoso e del buon vino, non puoi non parlare di lavoro.

Del tuo lavoro. Argomento di cui i miei commensali – spero per interesse e non per rassegnazione –  sono sempre attenti ascoltatori.

E uno di loro, gustando attento il suo tortino alle mele, mi ha detto: “Io so chi sei! Tu sei un Temporary Manager!”

A cosa serve il Temporary Management

Alla fine dell’incontro non vedevo l’ora di approfondire il concetto. Temporary Management: chi era costui?

Mi sono imbattuto nella definizione di Wikipedia del “Temporary Management” e ci ho trovato l’ispirazione.

La descrizione è ben scritta, i contenuti estrapolati frutto di professionisti, perché non scriverne su?

Ora, vi ho fornito la fonte della ricerca, se avete avuto la pazienza di leggere “tutto tutto” con interesse, non possono non essere arrivate dirette alcune riflessioni e molte domande.

Se invece come penso, avete dato un rapido sguardo, solo per capire meglio dove questo strambo scritto vuole arrivare, ho pensato io ad analizzarlo per voi e a riassumere in poche parole: cosa è il Temporary Management?

A cosa serve?  Chi lo usa? Chi è un Temporary Manager?

L’identikit del Temporary Manager

Devo dire che mi sono sempre definito un Manager prima di tutto. Ma tant’è: la mia attività rientra anche in quella di Temporary Manager.

Perché? Per farsi un’idea, basta leggere la definizione:

“Un professionista altamente qualificato e motivato, che per un periodo di tempo stabilito (normalmente 9 – 12 mesi) possa agire, anche con poteri speciali, all’interno dell’azienda che lo ha scelto, al fine di garantire il miglioramento della gestione d’impresa e più in generale risolvere tutte quelle criticità che non permettono il potenziamento della performance aziendale; allo stesso tempo si occupa anche di dare maggiore spinta alle aree positive e di vantaggio competitivo laddove esistenti”.

L’obiettivo dell’articolo?

Non certo parlare di me. Ma piuttosto di come le figure come la mia possano essere strategiche e fare la differenza all’interno delle strutture.

Ma parliamone in termini semplici, non semplicistici, concreti e non teorici.

Di tale studio, mi sono rimasti in mente alcuni dati più di altri. Iniziamo.

Non è solo questione di età

Più che in qualsiasi altra parte dell’Europa, (82% contro il 58%) l’attività di TM è svolta da figure con più di 50 anni.

C’è da pensare che l’imprenditore tipo trovi più rassicurante i “capelli grigi” piuttosto che il contrario.

Tendiamo a scegliere figure di riferimento che abbiamo superato “una certa età”. L’età quindi è sinonimo di garanzia di riuscita? A volte sì, ma anche il contrario.

In un’analisi del dato più ampia, direi che dovrebbero essere ben altri i fattori che determinano la scelta del TM giusto.

Valutiamo che le sue esperienze professionali siano variegate e significanti (ad esempio l’aver ricoperto ruoli di responsabilità diversi con obiettivi misurabili).

Ma è doveroso ricordare che essere un Manager non significa aver lavorato per lungo tempo nello stesso settore.

Servono competenze ulteriori del mero “lavoro operativo”.

I vent’anni passati nello stesso hotel (non me ne voglia chi ha questo tipo di esperienza), ad esempio, potrebbero non essere sufficienti a definirsi un Manager.

L’essere bravo con le parole, non significa che abbia doti di “problem solving”.

Le caratteristiche di questa figura professionale

Accertiamoci, ad esempio, che sia in linea con le evoluzioni del Mercato, che sia in empatia (non in simpatia badate bene) con il nostro staff, poiché dovrà fornire loro le linee guida del cambiamento.

Certo, deve rispondere alle nostre aspettative, ma anche che sia anche pronto a entrare in contrasto con le nostre posizioni, se non le ritiene vantaggiose in termini aziendali.

Tutto questo e molto altro, non può essere paragonato al solo dato anagrafico.

Perché si arriva a scegliere un Temporary Manager

Siamo imprenditori, siamo proattivi e sempre sul pezzo.

Abbiamo scaffali ricolmi di libri sul marketing, sul controllo di gestione, sulla motivazione (leggi qui se vuoi saperne di più sul coaching), seguiamo gruppi su FB, postiamo su Instagram, al muro sono appesi i nostri attestati di formazione, dalle Eolie alle Dolomiti.

Eppure la nostra realtà aziendale è più complessa, non si risolve con un libro né con i corsi (anche se devo dire aiutano! Lo studio, anche a livello universitario, rappresenta sempre un’ottima base di partenza).

La nostra azienda è appunto nostra; troppo cuore, troppe scelte dolorose, troppa poca autorevolezza.

Se vi ritrovate in queste poche righe, siete l’imprenditore illuminato che tiene al suo progetto aziendale. Davvero.

Quando non c’è specializzazione è tutto più difficile

Parlando di Italia non c’è partita: sviluppo commerciale (50% contro 27% dell’Europa) e problemi finanziari (29% contro 18% dell’Europa). Devo sviluppare il concetto o è chiaro e lampante?

Il dato che segue ci riguarda da vicino.

Posso non essere un appassionato di statistiche ma lo sono delle riflessioni scaturite da queste percentuali.

Il settore dei servizi è interessato per il solo il 23% in confronto al 33% del resto d’Europa. Il restante 70% è ricoperto dal settore dell’industria. Un abisso.

Un abisso dovuto – a mio avviso – dalla diversità in termini di “composizione aziendale”.

I reparti nel settore dell’Hospitality sono strettamente interconnessi e non producono qualcosa di tangibile.

Sono basati sulle relazioni, non vi è una filiera a compartimenti stagni ma una moltitudine infinita di casi da gestire, associata alla molteplice offerta dei servizi stessi.

Anche la poca specializzazione di “addetti ai lavori” rende più difficile il compito. Essere un buon manager per queste realtà è una grande sfida.

L’ultimo dato preso in analisi lo lascio a voi con un punto interrogativo.

La situazione in Italia

Questo tipo di attività è molto più conosciuto in Italia che in Europa, 97% contro il 72% (prometto che è l’ultima percentuale!).

Ne abbiamo compreso così a fondo la necessità per il successo delle nostre imprese e ci teniamo informati sugli sviluppi di questo tipo di progetto. O al contrario continuiamo ad accumulare libri, post, diplomi e articoli sul Temporary Management.

Sono conscio del fatto di aver concluso il pezzo con un ennesimo punto interrogativo ma allo stesso modo spero di avervi aiutato a rispondere alla domanda con cui l’articolo si è aperto: mi può servire?

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