Social Media Strategy

Vincere la sfida del processo d’acquisto: Bias cognitivi e Messy Middle

Quando decidiamo di acquistare un prodotto, ad esempio un pacchetto vacanza, cos’è che ci fa scegliere per la proposta di un’azienda o di un brand rispetto a quella della concorrenza?

Ci piace pensare che dietro la decisione finale ci sia un rigoroso procedimento logico, che ci porta ad analizzare razionalmente tutti gli aspetti.

Invece non è così. O meglio, non è del tutto così. Ce lo insegnano due discipline che oggi sono sempre più applicate. Lo Psicomarketing e il Neuromarketing.

Queste scienze studiano le reazioni inconsapevoli che spingono un individuo a preferire un determinato prodotto rispetto a un altro.

Tali meccanismi sono in grado davvero di fare la differenza. Infatti secondo Gerald Zaltman, docente dell’università di Harvard, ben il 95% delle decisioni dei consumatori è dettata da processi inconsci.

Il neuromarketing fornisce dati sulle reazioni fisiche che si verificano nel cervello quando è esposto ad alcuni stimoli.

Lo psicomarketing mostra i modelli mentali che le persone applicano inconsapevolmente di fronte alle diverse situazioni.

I modelli mentali influenzano il processo decisionale

Queste due dottrine, insieme, consentono di ottenere un quadro ancora più chiaro di ciò che fa presa su un potenziale consumatore. E di sfruttarlo ai fini del marketing.

Ciò risulta particolarmente utile per il processo d’acquisto online. La dimensione globale di Internet, e il numero di informazioni che vi circolano, rendono complesso il procedimento di selezione e scelta dei consumatori.

Che per fronteggiare questa sovrabbondanza, devono ricorrere a delle ‘scorciatoie’ mentali che li aiutino a valutare in modo più semplice gli aspetti ritenuti rilevanti ai fini dell’acquisto.

Su questa considerazione si basa lo studio di Alistair Rennie e Jonny Protheroe, ricercatori del team Google, che hanno ripensato il modello del processo d’acquisto online.

Cosa hanno scoperto? Che gli utenti, quando navigano in Internet per fare acquisti, entrano in un circuito comportamentale definito ‘Messy middle’.

E che per farli uscire da questo circolo e fargli perfezionare l’acquisto si possono sfruttare ‘strategie di coping’. Ovvero comportamenti inconsci utili a gestire le situazioni complicate.

Come, ad esempio, i ‘bias cognitivi’.

Gli elementi che contano negli acquisti online

Prima di passare ad introdurre nel dettaglio questi concetti, vale la pena fare un passaggio sugli aspetti caratteristici dello shopping digitale.

Il punto di partenza è dato dallo stimolo/trigger, ossia il desiderio di comprare un prodotto. Ad esempio prenotare una stanza d’albergo per una vacanza.

Nella fase pre-shopping, grande importanza ha il ‘Momento zero della verità’, che consiste nella raccolta di informazioni sul prodotto o servizio desiderato, comparandolo tra quelli presenti sul web.

In questa fase l’utente cerca il prodotto, ne visualizza e confronta più di uno, ne valuta le caratteristiche basandosi sulle informazioni che lo descrivono.

Poi prende in considerazione le recensioni e il rating che ha online. Infine cerca i commenti di altri utenti sui social, per capire quale opinione abbiano di quel prodotto o brand.

Conclusi questi passaggi, passa all’acquisto vero e proprio.

Una volta aver provato il prodotto acquistato, non è escluso che lo recensisca sul web, magari tramite Facebook o Instagram, contribuendo a creare il cosiddetto ‘Social sentiment’.

Il percorso lineare del consumatore: un paradigma superato?

Per molto tempo gli analisti del web marketing, per ottenere informazioni dettagliate sui gusti e sulle motivazioni dei consumatori, si sono avvalsi del Consumer Journey.

Ovvero di una mappa che riporta tutti i punti di contatto che l’utente ha con il prodotto o il marchio nel ‘viaggio’ che fa verso l’acquisto.

Dal punto di partenza (beni disponibili sul mercato), alla fase del confronto tra i vari prodotti, fino al momento dell’acquisto e a quello della valutazione della soddisfazione del cliente.

Un altro modo di analizzare questo processo è dato dal Funnel, altrimenti noto come imbuto di marketing. Anch’esso illustra le tappe che conducono il cliente dal bisogno all’acquisto.

Sia il Consumer Journey che il Funnel, però, secondo Rennie e Protheroe non rispondono a una fondamentale domanda. E cioè: cos’è che spinge l’utente a interrompere la ricerca e optare per un prodotto piuttosto che un altro.

È qui che scende in campo il Messy Middle, che cerca di delineare il modo in cui si muove, oggi, l’utente sul web (Decoding Decisions – Making sense of the messy middle).

Messy Middle Conusmer Journey

Il Messy Middle è il complesso spazio virtuale in cui si muove l’acquirente quando fa shopping online e compara marchi e prodotti

Un continuo alternarsi di esplorazione e valutazione: il Messy Middle

I due ricercatori Google hanno riscontrato che i bisogni degli utenti, nell’ultimo decennio, si sono evoluti. Lo dimostra l’osservazione dei dati di ricerca su Google. Se in passato i consumatori cercavano il prodotto più ‘economico’, oggi cercano il ‘migliore’.

Se prima privilegiavano l’aspetto più oggettivo e quindi razionale del processo decisionale, oggi prediligono quello più soggettivo e legato alle emozioni.

Questa sfida tra razionalità e inconscio si svolge nel Messy Middle, lo spazio virtuale che dal trigger (stimolo) conduce all’acquisto finale. Si tratta di un territorio in cui le informazioni sono abbondanti e la scelta illimitata.

Tra lo stimolo e l’acquisto, gli acquirenti procedono percorrendo una rete di numerosi touchpoint (costituiti da motori di ricerca, siti di recensioni, social media, forum, gruppi di interesse, blog, siti dei vari prodotti).

E alternano continuamente la fase dell’esplorazione, in cui aggiungono marchi, prodotti e informazioni, alla fase della valutazione, in cui restringono queste opzioni.

In quest’alternanza, non di rado tornano indietro a consultare siti e portali già visitati. Il ciclo prosegue più e più volte, fin quando non scatta qualcosa che li spinge ad uscire dal Messy Middle e comprare.

Come accompagnare l’acquirente fuori dal circolo

Un’azienda o un brand hanno più opportunità di veder preferire i propri prodotti se partono da un presupposto. Cioè che di fronte a tutta questa complessità, le persone provano a ripristinare la semplicità.

La fase espansiva dell’esplorazione e quella restrittiva della valutazione si basano su processi cognitivi differenti e per ciascuna occorre sfruttare tattiche differenti.

È quanto affermano Rennie e Protheroe, secondo i quali l’obiettivo non dovrebbe essere quello di bloccare il percorso esplorativo dell’utente. Bensì quello di fornirgli tutti gli strumenti in grado di farlo sentire a suo agio e rassicurarlo nel prendere una decisione.

Come? Bisogna partire da una premessa basata sullo studio della psicologia comportamentale: per semplificare le situazioni complesse, le persone usano delle strategie rapide che li portano a delle conclusioni più veloci.

È il caso dei Bias cognitivi. Ce ne sono tantissimi, ma la coppia di analisti del team Google ne indica sei come più influenti nel processo d’acquisto.

Il potere dei Bias cognitivi nel processo d’acquisto

Al primo posto per efficacia, gli autori dello studio sul Messy Middle collocano il Bias della Prova sociale. Le recensioni positive di altri utenti sono un ottimo fattore di persuasione.

Il secondo pregiudizio comportamentale più potente è dato dal Potere della gratuità. Ad incidere sulle scelte dell’acquirente è la possibilità di ottenere qualcosa gratis (coupon, servizi aggiuntivi, assicurazioni o spese di cancellazione).

Molto influenti sulla scelta finale sono, poi, altre due ‘scorciatoie mentali’. Stiamo parlando dell’Euristica di categoria e del Bias di autorità.

Nel primo caso, si tratta di una descrizione sintetica che contiene le informazioni strategiche sul prodotto. Un esempio? Il termine ‘’sostenibile’ per indicare un bene il cui ciclo di produzione è orientato alla tutela ambientale.

Nel secondo casi del parere di un esperto del settore o di una fonte ritenuta autorevole, che fa presa sul consumatore. Si pensi ad un influencer o una guida online di nicchia.

Subito dopo si inserisce il Potere dell’immediatezza: se aumenta il tempo che il consumatore deve attendere per usufruire del prodotto, diminuisce l’interesse d’acquisto.

Infine c’è il Bias della scarsità, che si basa sul principio che i beni limitati sono più desiderati. Promozioni con scadenza temporale o forniture in quantità limitata possono incentivare l’acquirente.

6 Bias cognitivi

6 Bias congitivi che secondo Rennie e Protheroe incidono maggiormente sul processo d’acquisto

Le altre leggi dello Psicomarketing

Accanto ai sei pregiudizi comportamentali indicati nella ricerca, ce ne sono altri noti nell’ambito dello Psicomarketing che è bene conoscere.

Il Paradosso della scelta, ad esempio, spiega che avere troppe opzioni tra cui optare non aiuta a vendere il prodotto.

La Legge del focus, d’altra parte, insegna che specializzarsi in un settore, anche di nicchia, può essere una strategia vincente.

Dal canto suo, la Legge del primo nella mente illustra come la popolarità sia identificata con l’affidabilità.

La Legge dell’esclusività, invece, mostra come il ricorso ad offerte esclusive o vantaggi unici sia un elemento capace di convincere i consumatori.

Così come la Distanza di pagamento (rinviata a un momento futuro) e il Sostegno a cause benefiche.

Infine, non bisogna trascurare il Potere persuasivo: rendersi attraenti a livello emotivo e far percepire la propria offerta come di valore spinge all’acquisto.

Le teorie del Messy Middle alla prova del nove: indagine su 31mila consumatori

Per verificare i risultati della ricerca, è stato chiesto a 31mila acquirenti di compiere 10 simulazioni d’acquisto (310mila simulazioni in tutto) per 31 prodotti. Tra questi c’erano servizi pubblici, viaggi, beni di largo consumo, prodotti finanziari, e vendita al dettaglio.

A ogni partecipante è stato chiesto di indicare, per ogni categoria, un primo e un secondo brand preferiti. A questo punto sono stati applicati i bias per capire se le persone fossero propense a cambiare queste preferenze consolidate.

I risultati hanno mostrato l’efficacia dei bias. A un certo punto, infatti, nella rosa delle possibilità è stato introdotto anche il prodotto di un marchio inesistente. Che rispondeva, però, positivamente tutti e sei i bias. Ebbene, di fronte ad evidenti vantaggi – tra i quali uno sconto extra o recensioni a cinque stelle – il 28% dei consumatori lo ha preferito ai brand reali.

Come utilizzare i risultati della ricerca: vademecum per farsi scegliere

Il lavoro presentato fornisce elementi che le aziende possono utilizzare per spronare gli acquirenti a prendere una decisione in loro favore.

Per mettere a suo agio il consumatore, rassicurarlo e accompagnarlo nella scelta occorre seguire alcuni accorgimenti.

La presenza del marchio, sia nella fase dell’esplorazione che della valutazione, è l’elemento fondamentale. Il prodotto deve farsi notare.

L’applicazione della psicologia comportamentale può rendere i propri messaggi più convincenti nella fase in cui gli utenti valutano le diverse opzioni.

L’avvicinamento del momento del trigger a quello dell’acquisto è utile perché fa sì che i consumatori siano esposti per un periodo inferiore ai messaggi della concorrenza.

La possibilità di contare su un team di professionisti competente e orientato alla flessibilità consente di affiancare i nuovi modelli al marketing tradizionale. E superare una rigida suddivisione tra reparti di marketing, che rischia di ripercuotersi negativamente sulla corretta presenza del brand in tutte le fasi del processo d’acquisto.

 

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