Turismi

Ego in vacanza. Il turista sul lettino di Freud

Conferenza spettacolo di Duccio Canestrini, nell’ambito della rassegna libraria e cinematografica legata ai temi del convegno “Le frontiere della psicoanalisi”, Lavarone (Trento) 19 luglio 2007.

Conferenza spettacolo in cui si esplora il modo in cui le principali categorie del pensiero psicoanalitico freudiano illuminano l’immaginario e i comportamenti dell’Ego (ma anche dell’inconscio) in vacanza. Vengono messe in scena alcune fasi, sia storiche sia psicologiche, dell’andare “romantico” e, oggi, dell’esperienza turistica. Lo stress della vita quotidiana. Il mito della vacanza come cura di tutti i mali. L’ansia di mobilità che diventa evasione turistica, spesso compulsiva. Il viaggio come voglia di Sud, emancipazione, travestimento, conoscenza di sè, Eros…

Ho sentito cittadini americani maggiorenni che chiedevano all’Ufficio relazioni con gli Ospiti se per fare snorkeling c’è bisogno di bagnarsi, se il tiro al piattello si fa all’aperto se l’equipaggio dorme a bordo e a che ora è previsto il Buffet di Mezzanotte. Sono parole tratte dal diario di una moderna crociera ai Caraibi di David F. Wallace (Una cosa divertente che non farò mai più, minimum fax 1998). Aldilà dell’umorismo, non è difficile cogliere in queste domande meccanismi che le categorie freudiane hanno certamente illuminato: la distrazione e la sbadataggine, l’alterazione della funzionalità psichica, la regressione all’infanzia. Capita (quasi) a tutti. La psicoanalisi può contribuire all’esplorazione della figura del turista, di noi turisti, ma ricordiamoci che dagli anni Venti del Novecento smette di essere solo clinica e diventa un sistema per la interpretazione di ogni motivazione della personalità. Dunque anche la motivazione al viaggio. Sulla quale Sigmund Freud, gran turista egli stesso, si interrogò profondamente.

Da uno scenario che parrebbe vitale e positivo, un turismo che risponde cioè al principio del piacere, per dirla con Freud,  si delinea poi,  nella letteratura un po’ sbalordita dalle “grandi manovre” turistiche di primo Novecento, una sorta di crescente schizofrenia. I turisti, sempre meno aristocratici e sempre più numerosi,  contaminano l’incontaminato, inquinano l’oggetto del loro desiderio, sgretolano il sogno. Il turista non sono più io. Il turista è l’altro, una sorta di doppio negativo e antieroico che mi accompagna. Affiora così, con l’attualità di questo paradosso, una resistenza ad autorappresentarsi come turista, che la stessa industria del turismo cavalca, spronandoci a (ri)sentirci viaggiatori.

Ciò che il turista non vede o non vorrebbe vedere, in sostanza gli impatti ambientali e culturali della sua massiva presenza, è una rimozione? E’ forse una protezione da una sofferenza psicologica?

Duccio Canestrini insegna Antropologia del turismo al Master of Tourism Management (Trentino School of Management) e nel Corso di laurea in Scienze del turismo al Campus di Lucca. Membro dell’Associazione Italiana per le Scienze Etno-Antropologiche (Roma) e dell’International Scientific Council for Island Development (Parigi) è scrittore e conferenziere. Da diversi anni si occupa in particolare di antropologia dell’ospitalità (storia dell’accoglienza e del comfort, mobilità, rituali d’incontro) e di turismo. L’antropologia del corpo e di genere (maschile) è il suo ambito di ricerca parallelo. Nel 2006 ha fatto parte del ristretto gruppo di esperti cui S3.Studium – per conto di Confesercenti – ha affidato il progetto di ricerca previsionale su “Il futuro del turismo in Italia e nel Mediterraneo fra il 2007 e il 2001”.

Per saperne di più: Homoturisticus

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