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Imposta di soggiorno, questa sconosciuta

Tassa di soggiorno, chi era costei? Beh, basta nominarla per scatenare le polemiche. In fondo pagare balzelli non piace a nessuno. Certo è che tra leggi e sentenze di tribunale intorno a questa imposta si sta facendo una gran confusione.

Dati alla mano, cerca di fare chiarezza, di rimettere in ordine i vari tasselli di un puzzle complicatissimo, questo post di Saverio Panzica, esperto di legislazione, marketing e qualità dei servizi turistici.

Ma l’esperto non si limita a una dettagliata analisi della tassa di soggiorno in Italia. Chiude infatti il discorso con una serie di proposte che, se prese in considerazione da chi di dovere, potrebbero farci vedere con occhi diversi l’odiata tassa. Buona lettura.

Tassa di soggiorno, tutto comincia nel 2011

La Tassa di soggiorno è stata introdotta in Italia, tramite l’approvazione da parte del Governo della legge sul federalismo fiscale municipale del 3 marzo 2011, come previsto dall’art. 4 del Decreto Legislativo n. 23 del 14 marzo 2011, che ha disposto per i Comuni turistici la possibilità di applicare una tassa ai turisti che soggiornano nelle strutture turistico ricettive delle città d’arte e nei Comuni d’Italia ad alta affluenza turistica (art. 1786 c.c. le disposizioni del codice civile per gli albergatori vengono applicate a tutte le altre strutture ricettive).

Il contributo per la tassa di soggiorno viene prelevato direttamente dal gestore della struttura ricettiva che ospita il turista, a prescindere dalla durata del viaggio, è corrisposto per ogni giorno in cui si soggiorna nella località di mare, montagna, lago o città d’arte, sia nel periodo estivo che invernale, alta o bassa stagione.

Decreto Legislativo n. 23 del 14 marzo 2011 – Art. 4 – Imposta di soggiorno 1. “I comuni capoluogo di provincia, le unioni di comuni nonché i comuni inclusi negli elenchi regionali delle località turistiche o città d’arte possono istituire, con deliberazione del consiglio, un’imposta di soggiorno a carico di coloro che alloggiano nelle strutture ricettive situate sul proprio territorio, da applicare, secondo criteri di gradualità in proporzione al prezzo, sino a 5 euro per notte di soggiorno. Il relativo gettito è destinato a finanziare interventi in materia di turismo, ivi compresi quelli a sostegno delle strutture ricettive, nonché interventi di manutenzione, fruizione e recupero dei beni culturali ed ambientali locali, nonché dei relativi servizi pubblici locali”.

Inoltre:
“Ai sensi del comma 1 dell’articolo 4 del decreto legislativo 14 marzo 2011, n. 23, il gettito dell’imposta di soggiorno è destinato a finanziare interventi in materia di turismo, ivi compresi quelli a sostegno delle strutture ricettive, nonché interventi di manutenzione, fruizione e recupero dei beni culturali ed ambientali locali, nonché dei relativi servizi pubblici locali.

L’area di destinazione dei proventi dell’imposta di soggiorno è risultata conseguentemente generica e suscettibile di interpretazione estensiva, tanto in relazione ai beni culturali ed ambientali quanto in relazione ai relativi servizi pubblici locali, per i quali sarebbe stato quanto meno opportuno esplicitare che si ha riguardo ai servizi destinati al turismo”.

Nelle finalità indicate dalla legge tendono quindi a rientrare molte delle attività svolte dai comuni; praticamente quasi tutte.

Nel 2015 gettito da 428 milioni di euro

Per il 2015 il valore del gettito raccolto ha raggiunto i 428 milioni di euro. Il costo della tassa di soggiorno non è fisso, ma viene calcolata a seconda della tariffa deliberata dai singoli Comuni d’Italia. Tale calcolo viene effettuato tenendo conto delle potenzialità storico/artistiche che il comune può offrire ai turisti.

Si stima che siano già circa 495 i Comuni italiani che hanno deliberato l’applicazione della suddetta tassa, suscitando ovvie polemiche.

Negli ultimi mesi, in Italia, ci si è soffermati su considerazioni di carattere più che altro di carattere economico/politico ovvero sull’impatto che questa potrà avere sull’economia di un paese ancora segnato da un profondo periodo di crisi e regressione, sulla elevata probabilità che tale forma di tassazione possa in qualche modo rallentare la ripresa, in specie del settore turistico.

L’imposta in questione è un tributo del tutto nuovo che trova la propria fonte normativa solo nell’articolo 4 del Dlgs 23/2011, disposizione che a sua volta individua alcuni parametri, rinviando ad un regolamento statale la “disciplina generale di attuazione”.

Il D.L n. 16/2012, convertito in L. 44/2012 introduce, invece, una nuova fattispecie dell’imposta, alternativa a quella lacunosamente normata relativa all’imposta di soggiorno, che si configura come un nuovo tributo sul traffico passeggeri delle compagnie di navigazione (applicabile dai Comuni siti in isole minori o comprendenti isole minori nei propri territori ovvero ai Comuni che hanno sede giuridica nelle isole minori e i Comuni su cui insistono isole minori, possono, con apposito regolamento, in alternativa all’imposta di soggiorno, applicare un’imposta di sbarco).

Gli immobili soggetti al pagamento dell’imposta

Le locazioni turistiche non sono soggette al pagamento dell’imposta di soggiorno perché il predetto – Art. 4 del Decreto Legislativo n. 23 del 14 marzo 2011, come sopra evidenziato, così dispone: “I comuni capoluogo di provincia, le unioni di comuni nonche’ i comuni inclusi negli elenchi regionali delle località turistiche o città d’arte possono istituire, con deliberazione del consiglio, un’imposta di soggiorno a carico di coloro che alloggiano nelle strutture ricettive.

Del resto, analizzando il Decreto legislativo 6 settembre 1989, n.322 – Norme sul Sistema statistico nazionale e sulla riorganizzazione dell’Istituto nazionale di statistica… e la circolare attuativa che ogni anno viene pubblicata dall’ISTAT, si evince che le strutture soggette alla rilevazione delle strutture turistico ricettive sono le seguenti:

  • esercizi alberghieri: alberghi classificati in cinque categorie distinte per numero di stelle e residenze turistico-alberghiere con informazioni relative al numero di esercizi, camere, letti e bagni a livello di singolo comune;
  • esercizi complementari: campeggi, villaggi turistici, forme miste di campeggi e villaggi turistici, alloggi in affitto gestiti in forma imprenditoriale, agriturismi, ostelli per la gioventù, case per ferie, rifugi di montagna e altri esercizi ricettivi n.a.c.;
  • alloggi privati in affitto: bed and breakfast e altri alloggi privati. – C.2 Altri alloggi privati: tale categoria include tutte le altre tipologie di alloggio privato in affitto, diverse dai Bed and Breakfast che, anche se non espressamente disciplinate dalle normative riguardanti gli esercizi ricettivi collettivi, sono contemplate dalle varie leggi regionali. Come ad esempio: camere in affitto in alloggi familiari in cui la sistemazione prevede che il turista sta con la famiglia che abitualmente occupa l’abitazione; appartamenti, ville, case, chalet e altri alloggi affittati interamente, come alloggio turistico e su base temporanea, da parte di famiglie ad altre famiglie o ad agenzie professionali.

La rilevazione quantifica, a livello di singolo comune, il numero degli esercizi, dei letti, delle camere e dei bagni per le strutture alberghiere; degli esercizi e dei posti letto per le altre strutture.

Tassa di soggiorno: la giurisprudenza

La giurisprudenza di merito sulla tassa di soggiorno e a posizione degli albergatori sotto l’apetto della responsabilità contabile:

Tar Toscana

Sentenza n. 1348 del 2011 relativa al regolamento che ha istituito l’imposta di soggiorno nel Comune di Firenze.

Il TAR della Toscana ha affermato che con la qualificazione di “responsabili d’imposta”, non si intende considerare gli albergatori come soggetti passivi aggiuntivi dell’obbligazione di pagare l’imposta, in violazione della riserva di legge posta dalla Costituzione in materia tributaria, dal momento che una tale attribuzione di responsabilità non trova riscontro nel decreto legislativo n. 23 del 2011. Ne discende quindi, a parere del TAR, che nessuna richiesta potrà essere avanzata nei confronti degli albergatori per quanto concerne il pagamento dell’imposta di soggiorno.

Tale pagamento potrà essere preteso solo nei confronti di chi alloggia nelle strutture alberghiere, eventualmente anche in via coattiva. Pertanto, secondo i giudici, la parte del Regolamento che prevede che “il gestore della struttura ricettiva effettua il versamento al Comune di Firenze dell’imposta di soggiorno dovuta”, deve essere in realtà letta nel senso che i gestori effettuano il versamento al Comune delle somme “riscosse”, più che “dovute”.

Corte dei Conti

La delibera della corte dei conti del 19 gennaio 2013 e il ruolo di agente contabile (Gestore di strutture ricettive)

Con la richiesta avanzata dal comune di Venezia, a seguito dell’introduzione dell’imposta di soggiorno, la Corte dei Conti ha dovuto analizzare la posizione dei gestori delle strutture ricettive sotto l’aspetto della responsabilità contabile specificatamente perché l’art. 93 del TUEL individua la responsabilità patrimoniale in capo all’agente contabile che “abbia maneggio di pubblico denaro o sia incaricato della gestione dei beni degli enti locali, nonché coloro che ingeriscano negli incarichi attribuiti a detti agenti”; – gli agenti contabili, a denaro ed a materia, di diritto e di fatto, sono pertanto tenuti a rendere il conto della loro gestione nelle forme e nei modi stabiliti dall’art. 233 del TUEL e sono soggetti alla giurisdizione della Corte dei conti;

La richiesta é di fatto ben circostanziata e congrua alla posizione che deve assumere il gestore nel momento in cui incassa del denaro (imposta) per conto del comune.
Su questo aspetto la Corte si é espressa con le seguenti deduzioni:

Alla luce delle considerazioni esposte, pertanto, il Collegio ritiene che “i gestori delle strutture ricettive, relativamente alla riscossione dell’imposta di soggiorno, possano essere considerati agenti contabili “di fatto”, stante che il maneggio e la custodia di denaro o di valori di pertinenza dell’erario pubblico, anche al di fuori di una legittima investitura, implica comunque l’assunzione della qualifica di agente contabile e l’assoggettamento alla relativa disciplina da parte di chi li svolge”.

Il primo risvolto della sentenza indubbiamente implica da parte del gestore di rendicontare all’ente il Conto della gestione dell’agente contabile, quello che tecnicamente si chiama Mod. 21. Tale dichiarazione deve riassumere le somme incassate ed i relativi riversamenti periodici, siano essi mensili, bimestrali, trimestrali ecc.

Il secondo aspetto, che forse passa in secondo piano, e’ dato dal fatto che con questa sentenza e con la precedente sentenza del TAR del Veneto, il gestore inizialmente configurato come sostituto d’imposta assume ora il ruolo di agente contabile. Cosa cambia? Operativamente forse pochissimo, solo la necessita’ di dover compilare il Mod. 21, nella realta’ le responsabilita’ e di fatto anche le possibili sanzioni derivanti da inadempienze possono essere molto differenti.

Il sostituto d’imposta deve versare l’imposta per conto del cliente. Di fatto tutti i comuni hanno previsto una autodichiarazione per motivare il mancato versamento se il cliente si rifiuta di pagare e sollevare cosi’ il gestore dal dover versare l’importo.

Questa posizione di sostituto d’imposta prevedeva una sanzione nel caso di inadempienze da parte del gestore, sanzione che si configurava come: minor versato, omessa dichiarazione, tardivo versamento, ecc.. a seconda del caso e dell’infrazione commessa.

La posizione di agente contabile di fatto implica invece anche una diversa responsabilità, infatti il mancato versamento dell’imposta di soggiorno da parte di un albergatore presuppone il reato di appropriazione indebita, specificatamente il reato di peculato ovvero: nel diritto penale italiano il peculato, è il reato previsto dall’art. 314 del codice penale, in virtù del quale il pubblico ufficiale o l’incaricato di pubblico servizio, che, avendo per ragione del suo ufficio o servizio il possesso o comunque la disponibilità di denaro o di altra cosa mobile altrui, se ne appropria.

Il sostituto d’imposta, nell’ordinamento italiano, è un soggetto (pubblico o privato) che per legge sostituisce in tutto o in parte il contribuente (cioè il cd. sostituito, ovvero chi pone in essere il presupposto d’imposta) nei rapporti con l’amministrazione finanziaria, trattenendo le imposte dovute dai compensi, salari, pensioni o altri redditi erogati e successivamente versandole allo Stato o ad una pubblica amministrazione italiana. Quindi il gestore di strutture ricettive non è sostituto d’imposta.

Tar Veneto

Il TAR Veneto, ha sostenuto che: ”il parametro che individua i gestori delle strutture ricettive quali titolari di obblighi ausiliari ai fini della riscossione dell’imposta di soggiorno è semplice, logico e non censurabile. Tale logicità si ricava anche dalla circostanza che tali compiti ausiliari dei gestori delle strutture ricettive sono di supporto agli ospiti alloggiati in relazione ad un necessario adempimento connesso all’alloggio nella struttura (e quindi strumentali)”.

Sempre lo stesso TAR, nell’agosto del 2012, ha manifestato alcuni segni di “apertura” accogliendo, parzialmente, il ricorso di alcuni albergatori della città lagunare, sentenziando “l’illegittimità dell’utilizzo delle espressioni “responsabile degli obblighi tributari” e di “responsabile della riscossione” perché si richiamano alla figura del “sostituto d’imposta” o del “responsabile d’imposta” di cui all’art. 64 del DPR 29 settembre 1973, n. 600, che individuano quanti sono tenuti al pagamento dell’imposta in luogo di altri o insieme ad altri, e lamentano altresì che tale formulazione rende incerta ed indeterminata l’esatta individuazione degli obblighi che gravano sui gestori e conseguentemente le responsabilità che sugli stessi incombono in caso di mancato pagamento dell’imposta da parte del cliente della struttura” (TAR VENEZIA n. 1165 del 21 agosto 2012). Come ben evidente, il TAR Veneto ha accolto le doglianze limitatamente ai concetti di “sostituto e responsabile d’imposta”.

Tar Sicilia

Il Tar della Sicilia, con la sentenza n. 1399 del 4 luglio 2013, ha parzialmente accolto il ricorso presentato da Federalberghi Sicilia avverso il regolamento istitutivo dell’imposta di soggiorno emanato dal Comune di Cefalù, nella parte in cui prevede sanzioni tributarie per la violazione degli obblighi dei gestori di strutture ricettive.

Il Comune di Cefalù aveva inizialmente qualificato gli albergatori come “responsabili di imposta”, provvedendo, dopo la proposizione del ricorso, a modificare il regolamento qualificando gli albergatori come “titolari dei meri adempimenti alla riscossione”.

A seguito della modifica del regolamento, la Federalberghi Sicilia ha presentato alcuni motivi aggiunti contestando la previsione nel regolamento di sanzioni per la violazione degli obblighi delle strutture ricettive che postulerebbero l’equiparazione di fatto del soggetto preposto alla riscossione (l’albergatore) al soggetto passivo dell’imposta (il turista) (articolo 13 del decreto legislativo n. 471 del 1997 e articoli 9 e 17 del decreto legislativo n. 472 del 1997).

I giudici amministrativi, accogliendo parzialmente il ricorso, hanno sottolineato che “Una volta accertata l’estraneità del gestore della struttura ricettiva al rapporto tributario, il quale come s’è visto, s’instaura esclusivamente tra soggetto passivo (turista) e Amministrazione comunale, è illegittima la previsione del regolamento comunale che preveda per l’omesso, ritardato o parziale versamento dell’imposta riscossa dal titolare della struttura ricettiva una sanzione tributaria”.

Secondo il Tar Sicilia, per tali violazioni il Comune è invece legittimato a comminare ed irrogare le sanzioni amministrative (da 25 a 500 euro) previste dall’art. 7-bis del TUEL (decreto legislativo n. 267 del 2000).

Il rifiuto di pagare l’imposta

Il rifiuto di pagare l’imposta (Sintesi da Becheri – L’IMPOSTA DI SOGGIORNO – Osservatorio sulla fiscalità locale – agosto 2015).

Non essendo configurabile il ruolo di sostituto di imposta per il gestore, alcuni Comuni hanno previsto un apposito modulo da far sottoscrivere al cliente che si rifiuti di pagare l’imposta.

I comuni prevedono anche la sovrattassa che il cliente deve pagare nel caso di omesso versamento, come nel caso di Rimini che con apposita nota afferma “I soggetti che, tenuti al pagamento dell’Imposta di Soggiorno, si rifiutano di versarla al gestore della struttura ricettiva, sono passibili di recupero dell’imposta aumentata della sanzione del 30% ai sensi dell’art. 13 del D.Lgs. n° 471/97 e degli interessi di mora.”

Si tratta in genere di una dichiarazione con cui il cliente si assume la responsabilità per le conseguenze derivanti dal rifiuto del versamento dell’imposta.

Il modello, avente ad oggetto il “rifiuto del versamento dell’imposta di soggiorno”, dev’essere sottoscritto dal cliente previa indicazione delle proprie generalità e della struttura ove alloggia.

Quando il cliente non paga il conto

La disponibilità del modello non risolve però i casi in cui il cliente, oltre a rifiutarsi di versare l’imposta si rifiuti anche di sottoscrivere la dichiarazione, nonché i casi in cui il cliente lasci l’albergo senza pagare il conto (alcuni Comuni hanno predisposto un secondo tipo di modulo, da utilizzarsi in tali casi, la cui compilazione è affidata al gestore della struttura ricettiva).

In tali ipotesi è da ritenere che l’unico obbligo a carico del gestore sia quello di comunicare al comune le generalità del cliente, come rilevate dal documento esibito, sempre che tale obbligo sia espressamente previsto nel regolamento e che la comunicazione avvenga nel rispetto della normativa sulla privacy.

Spetta poi al comune utilizzare tali informazioni al fine di attivarsi nei confronti del soggetto passivo (il cliente), per recuperare gli importi dovuti ma non pagati.

Il gestore della struttura ricettiva non può in alcun modo essere ritenuto responsabile del mancato pagamento dell’imposta, né essere chiamato a versare al comune somme che non ha incassato.

La problematica non investe unicamente l’ipotesi in cui il cliente si rifiuti di pagare l’imposta, ma
si estende anche ai casi, ben più frequenti, in cui gli alberghi ricevono il pagamento del corrispettivo diverso tempo dopo che il cliente ha lasciato la struttura ricettiva (ad esempio, i pagamenti effettuati dai tour operator e dagli agenti di viaggio), così come ai casi in cui l’albergo non riceve il pagamento del corrispettivo (ad esempio, clienti morosi o inadempienti).

In ogni caso, anche il ruolo di “responsabile di imposta” risulta oneroso per i gestori, tenuti a svolgere un articolato insieme di attività, con le modalità e le scadenze previste nel regolamento comunale, senza che la legge lo abbia previsto:

  • verificare le caratteristiche del cliente (es. residenza, età, motivazione del soggiorno, etc.), accertando conseguentemente la sussistenza dell’obbligo;
  • calcolare la misura dell’imposta dovuta, sulla base delle suddette caratteristiche e degli ulteriori parametri dettati dal comune (es. categoria della struttura e sua ubicazione, periodo in cui si svolge il soggiorno e sua durata, etc.)
  • chiedere e ricevere il pagamento;
  • rilasciare quietanza al cliente;
  • versare al comune le somme riscosse;
  • fornire al comune informazioni e documentazione inerenti l’applicazione dell’imposta.

Occorre inoltre considerare il costo da sostenere in fase di prima applicazione per l’indispensabile aggiornamento dei software utilizzati dall’azienda per gestire la contabilità e per stampare fatture e ricevute fiscali.

Particolare rilievo viene assunto dagli oneri connessi al mezzo di pagamento che il cliente utilizza per saldare il conto e, prima ancora, per effettuare la prenotazione e concludere il contratto.

Pagamenti con carta di credito

Qualora il cliente paghi con carta di credito o carta di debito, l’albergatore dovrebbe versare al comune l’importo intero della tassa, pur avendone di fatto incassato solo una parte, a causa dell’applicazione delle commissioni dovute al gestore della carta (il tasso applicato può variare, a seconda del tipo di carta e del gestore, tra lo 0,50% e il 2,5%).

Tale comportamento sta diventando la regola generale per la sempre maggiore diffusione
delle carte di pagamento, indotta anche dalle disposizioni che limitano l’utilizzazione del danaro contante.

Un costo di analoga natura, ma di entità ben più consistente, si può determinare in caso di vendita on line del servizio mediante un portale gestito da terzi, in quanto le commissioni dovute alle Olta (On Line Travel Agencies) sono calcolate sul prezzo pagato dal cliente (il tasso applicato varia a seconda del portale e del contratto stipulato, spesso superando il 20%).

È appena il caso di sottolineare come appaia farraginosa, e in alcuni casi impraticabile, l’ipotesi di pagamenti disgiunti, nel tempo e nella modalità (pagare il conto con carta di credito e l’imposta in contanti oppure pagare on line il prezzo della stanza e de visu l’imposta).

Gli albergatori quindi riversano all’Amministrazione quanto loro pagato a titolo d’imposta dai soggiornanti, mentre gli importi eventualmente dovuti ma non corrisposti dagli ospiti dovranno essere recuperati dal Comune sulla base delle dichiarazioni che gli albergatori stessi trasmetteranno ai sensi del Regolamento.

Recupero imposta: il Comune scende in campo

Se il turista non paga, il Comune, su segnalazione del gestore della struttura ricettiva, deve procedere al recupero dell’imposta di soggiorno non pagata:

a partire dal 1° luglio 2012, dall’art. 3, comma 10 del D.L. n. 16/2012, convertito con la Legge n. 44 del 26 aprile 2012 che, ai commi 10 e 11 dell’art. 3, riporta:

«10. A decorrere dal 1° luglio 2012, non si procede all’accertamento, all’iscrizione a ruolo e alla riscossione dei crediti relativi ai tributi erariali, regionali e locali, qualora l’ammontare dovuto, comprensivo di sanzioni amministrative e interessi, non superi, per ciascun credito, l’importo di euro 30, con riferimento ad ogni periodo d’imposta.

11. La disposizione di cui al comma 10 non si applica qualora il credito derivi da ripetuta violazione degli obblighi di versamento relativi ad un medesimo tributo».

In sostanza tutti gli avvisi il cui importo complessivo risulta essere inferiore o pari a 30 euro non devono essere pagati e chi ha già pagato ha diritto al rimborso.

Attualmente, si riscontrano solo pochi orientamenti volti a censurare la “legittimità in sè” dei tributi in questione, i presupposti e le modalità applicative

Una delle prime pronunce, in tal senso, ad esempio è stata fornita dal TAR Palermo che, nel ricorso proposto da alcuni albergatori nei confronti dell’Ente (Comune), in modo abbastanza eloquente specifica che: “seppur sia vero che l’art. 32, c. 2, lett. g) l. n. 142/90 attribuisce al Consiglio Comunale la competenza in materia di istituzione e ordinamento dei tributi e di disciplina generale delle tariffe per la fruizione dei beni e dei servizi, è altrettanto vero che l’art. 4 d.lgs. n. 23/2011, stabilisce che i Comuni possano istituire l’imposta di soggiorno (a carico di coloro che alloggiano nelle strutture ricettive situate sul proprio territorio), ma stabilisce anche che detta imposta, ove istituita, sia applicata secondo criteri di gradualità in proporzione al prezzo (sino a 5 euro per notte di soggiorno” (TAR SICILIA, PALERMO, Sez. III, n. 2174/2012).

Il TAR Siciliano, nel caso di specie, ha “stigmatizzato” la mancata concertazione con le associazioni di categoria del provvedimento, ha ritenuto illegittimo il regolamento che ha istituito l’imposta di soggiorno retroattivamente e che ha obbligato al versamento il gestore dell’attività.

Si spera, pertanto, che suddetta sentenza faccia strada a nuovi indirizzi giurisprudenziali che vaglino realmente la vera natura dei due tributi e mostrino la via “costituzionalmente orientata”.

Conclusioni e proposte

Che la tassa di soggiorno sia più o meno giusta riguarda diversi punti di vista dai quali viene analizzata:

  • per i viaggiatori rappresenta un ulteriore costo per le spese destinate agli spostamenti, siano essi: “leisure”, “business”, “visita a parenti ed amici”, “salute”, “sport”, ”religione”, congressi/convegni”; il denaro destinato alla tassa di soggiorno, forse, verrebbe speso nel territorio, considerando che i viaggiatori programmano un tot di spese;
  • per gli operatori del settore ricettivo un aggravio di costi di gestione in relazione al personale ed ai mezzi di pagamento impegnati (POS);
  • per i comuni costituisce, indubbiamente, una boccata di ossigeno per le disastrate casse comunali che devono fare i conti tra: una corretta gestione dei servizi locali e le continue richieste, da parte dello Stato, di riduzioni e rimodulazioni dei bilanci; non volendo entrare nel merito di gestioni poco virtuose che potrebbero rendere produttive alcune aree gestionali, applicando principi di eco-sostenibilità, per: la raccolta dei rifiuti, il consumo energetico, il trasporto pubblico.

Come sempre, dovrebbe essere applicato il principio della “governance” (termine inglese che definisce il rapporto politico, quando lo stesso viene “condiviso dal popolo”, in opposizione al termine “government”, che significa “politica imposta al popolo”).

La governance ottiene il consenso da parte: delle comunità locali, dei viaggiatori, delle categorie di lavoratori del turismo e dell’indotto, dei giovani in quanto occasione di prospettive lavorative per il loro futuro.

Tasse, investire il ricavato nello sviluppo del territorio

Ma allora, come fare per ottenere consenso con i ricavi della tassa di soggiorno? Sicuramente il primo passo e quello di stabilire strategie ed azioni volte a definire quale sia il migliore impiego di questo ennesimo balzello per lo sviluppo economico e sociale del territorio con: le categorie sociali, le associazioni imprenditoriali, i rappresentanti della società civile locale.

Ma per non pronunciare solo e sempre parole: inutili, altisonanti e ridondanti, da parte di certa politica, proviamo ad essere estremamente propositivi e fattivi. Quali potrebbero essere le iniziative da adottare in un contesto di marketing turistico?

Sicuramente, in prima battuta, l’analisi del ruolo delle risorse di contesto, le strategie di marca di una destinazione turistica, la definizione di un modello concettuale per l’analisi della marca territoriale.

  • l’analisi del ruolo delle risorse di contesto “specifiche” di un territorio: archeologiche – artistico monumentali e paesaggistico-ambientali, e culturali – nella definizione delle strategie di sviluppo della destinazione turistica;
  • le strategie di marca della destinazione turistica che, di fatto, consentono lo sviluppo del valore di un territorio sotto due punti di vista: da un punto di vista cognitivo, in quanto la marca è strumento ideale per collegare la destinazione al sistema cognitivo e percettivo del turista, consentendo il posizionamento competitivo della destinazione stessa; da un punto di vista di condotta strategica, in quanto una strutturata strategia di branding consente di analizzare le risorse territoriali e di definire sistemicamente gli intenti e le azioni degli attori economici operanti nell’area.

In altre parole, la marca si configura come una delle principali risorse relazionali del TDP (Hankinson, 2004), similmente a quanto si verifica per molti altri prodotti/servizi per i quali la marca è una risorsa fiduciaria e relazionale fondamentale per il raggiungimento del vantaggio competitivo (tra gli al. Aaker, 1991; Ambler, 1995; Keller, 2003b).

  • La definizione di un modello concettuale per l’analisi della marca territoriale mediante l’identificazione dei principali elementi costitutivi dell’identità della marca della destinazione turistica (destination brand identity) e delle principali determinanti del valore della marca della destinazione turistica (destination brand equity) nella percezione dei turisti in target.

Il secondo step potrebbe essere quello di quantificare il budget, ottenuto dai proventi della tassa di soggiorno, nelle varie azioni da implementare:

  • quota percentuale, dedicata ai gestori delle strutture ricettive che operano nella qualità di “sostituti di imposta”, riscuotendo denaro pubblico e avendo la responsabilità di quanto introitato e della sua rendicontazione al Comune;
  • formazione: studio delle lingue (per gli uffici di informazione turistica); legislazione, marketing e qualità dei servizi per i pubblici dipendenti comunali assegnati al settore turismo;
  • workshop con educational- tour e pre – convention tour dedicati agli stake-holders del turismo, favorendo un incontro tra la domanda e gli operatori dell’offerta: gestori di strutture ricettive, agenti di viaggi/tour operator, professionisti guide/corrieri, titolari di imprese di trasporti, taxi, imprese dell’indotto, per individuare correttamente la domanda sarebbe opportuno valutare i collegamenti e, magari, di concerto con l’amministrazione regionale, proporne di nuovi;
  • produzione di materiale turistico: sito, brochures, filmati;
  • organizzazione di eventi e partecipazione a borse e fiere per il turismo.

Rendicontazione e pubblicità degli atti

Rendere pubblici i proventi e le spese della tassa di soggiorno, attraverso un apposito bilancio in cui vengano specificate tutte le entrate e le singole spese finalizzate: “a finanziare interventi in materia di turismo, ivi compresi quelli a sostegno delle strutture ricettive, nonché interventi di manutenzione, fruizione e recupero dei beni culturali ed ambientali locali, nonché dei relativi servizi pubblici locali (DECRETO LEGISLATIVO 14 marzo 2011, n. 23 Disposizioni in materia di federalismo Fiscale Municipale. Sintesi Art. 4 – Imposta di soggiorno).

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