Hospitality Management

Gli appalti nel mondo alberghiero: perché pagare per colpe altrui?

La crisi economica che stiamo attraversando ha reso sempre più necessario un attento esame dei costi che deve sopportare una azienda, in particolare in un settore fortemente competitivo come quello del mondo alberghiero.

Ciò ha comportato l’opportunità di un marcato snellimento della filiera, in modo da sgravare la società da una serie di costi fissi legati alla necessità di assumere personale in modo duraturo, a prescindere dai picchi occupazionali che sono richiesti nei periodi di alta stagione, nei quali le strutture alberghiere devono necessariamente dotarsi di un numero maggiore di collaboratori. Il meccanismo più diffuso, in tal senso, è quello dell’esternalizzazione di una serie di prestazioni –c.d. outsourcing– solitamente attuata attraverso il sistema dell’appalto di servizi.

Outsourcing: verifica dell’idoneità tecnico-professionale dei fornitori

Non affronteremo nel dettaglio, in questo articolo, tutti i passaggi tecnico-legali che il committente dovrebbe seguire al fine del corretto rispetto degli obblighi normativi dettati dal D.Lgs 81/08 e s.m.i. (Testo Unico in materia di Salute e Sicurezza nei luoghi di lavoro); diciamo soltanto che preliminarmente alla stipula di qualsiasi contratto di appalto di servizi, ad esempio esternalizzazione della pulizia camere e spazi comuni di una struttura alberghiera, il committente dovrebbe procedere alla verifica dell’idoneità tecnico-professionale della società alla quale intende affidare tale servizio, per poi provvedere alla predisposizione del DUVRI (Documento Unico di Valutazione dei Rischi da Interferenza).

Tale iter procedurale, troppo spesso considerato un fastidioso e superfluo adempimento burocratico, deve essere visto dal Committente come l’unico importante strumento per effettuare una attenta analisi dell’adeguatezza organizzativa della società a cui intende affidare tale servizio. Infatti, ferme restando le disposizioni di legge vigenti in materia di responsabilità solidale per il mancato pagamento delle retribuzioni e dei contributi previdenziali e assicurativi, si potrebbe configurare anche una corresponsabilità tra committente ed appaltatore, nel caso di infortunio ad un lavoratore dipendente della società esterna (appaltatrice o subappaltatrice) che si sarebbe forse potuto evitare scegliendo come partner commerciale un appaltatore scrupoloso nel rispetto e nella tutela della sicurezza dei propri dipendenti.

Regimi di responsabilità

Il regime di responsabilità solidale di cui all’art. 26, comma 4 del T.U. prescinde infatti “dalla responsabilità diretta del committente nell’evento infortunistico occorso al dipendente dell’appaltatore o del subappaltatore, e pertanto può di fatto accadere che il committente venga chiamato a rispondere in via solidale dei danni subiti dall’infortunato, dipendente dell’appaltatore o del subappaltatore, indipendentemente da una propria responsabilità diretta sull’evento infortunistico”.
A tal proposito preme altresì richiamare brevemente l’attenzione sulle novità in materia di responsabilità solidale dell’appaltatore, introdotte negli scorsi mesi.
Il cosiddetto “Decreto crescita” (decreto legge n.83/2012), convertito con modificazioni nella legge n.134 dell’agosto 2012, ha infatti introdotto nel nostro ordinamento una nuova fattispecie di responsabilità solidale dell’appaltatore con il subappaltatore per il versamento all’Erario delle ritenute fiscali sui redditi di lavoro dipendente, ma anche per l’IVA dovuta dal subappaltatore nei limiti del rapporto in essere.

Nella precedente versione della disposizione legislativa, prima delle ultime modifiche introdotte, era stata addirittura prevista una responsabilità solidale anche del committente, che – in particolare per l’aspetto dell’imposta sul valore aggiunto – avrebbe comportato conseguenze particolarmente gravose per il committente, che poteva essere chiamato, in buona sostanza, a versare due volte la medesima imposta allo Stato.

Obbligo di controllo

L’ultima novella legislativa è parzialmente intervenuta a modificare tale gravoso assetto, limitando la solidarietà diretta per l’Iva da parte del committente, ma assegnandogli una sorta di obbligo di controllo “a monte” del corretto assolvimento degli obblighi previdenziali e fiscali da parte degli altri soggetti della filiera dell’appalto, ovvero appaltatore e subappaltatori. In caso di irregolarità fiscali commesse da questi ultimi soggetti, infatti, il committente può essere soggetto ad una pesante sanzione amministrativa: l’importo della stessa varia infatti da un minimo di€ 5.000,00 ad un massimo di ben 200.000,00 euro, verosimilmente in base al danno subito dall’Erario.

La vigente normativa prevede, peraltro, la possibilità per il committente di sottrarsi a tale rischio, attraverso un complesso intreccio di certificazioni e documentazione (tributaria e fiscale) che lo stesso committente dovrà opportunamente procurarsi, ed esaminare con attenzione unitamente ai propri consulenti.

Conclusioni

In conclusione, preme sottolineare come il legislatore, con gli ultimi numerosi provvedimenti in questa materia, abbia voluto comunque introdurre un efficace sistema di controllo endogeno nella “filiera dell’appalto”: ne deriva che assume sempre più rilevanza la necessità di una scelta oculata e prudente dei soggetti (dalla grande società alla piccola azienda) con i quali intrattenere rapporti lavorativi, e soprattutto una ancora più accurata scelta dei consulenti tecnico-legali per non essere chiamati a rispondere economicamente di eventuali irregolarità altrui.

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