Digital Strategy

Il viral marketing a servizio del turismo: quando un’epidemia può essere vantaggiosa

Sasquash Music Festival, città di George nello Stato di Washington, molti ragazzi sono sdraiati su un prato in meritato riposo, nel giro di un minuto cambierà tutto. Si alza un ragazzo e inizia a ballare, in molti lo guardano come fosse matto, qualcuno lo applaude, passano ancora 30 secondi e al primo ragazzo se ne aggiunge un altro, entrambi ballano, il resto della folla è ancora sdraiato, ancora pochi secondi e inizia a ballare un terzo ragazzo, quello che riesce a far sì che il gesto di un singolo (il primo che aveva iniziato a ballare) si trasformi in un fenomeno di massa, coinvolgendo tutti coloro che erano rimasti sdraiati sul prato. Adesso tutti ballano, il terzo ragazzo ha scatenato un’epidemia virale che ha coinvolto tutti i presenti.

Questa storiella che vi ho raccontato viene presa come esempio da Seth Godin per parlarci di viralità, ponendo attenzione sul terzo ragazzo, colui che assumendo il ruolo di influencer riesce a coinvolgere i presenti in un ballo di massa.

Il mondo del turismo deve dare maggior valore alle persone e ai propri destinatari, che per la loro influenza all’interno della propria rete di relazioni, possono alimentare il passaparola, la più antica di forma di comunicazione one-to-one e anche la più efficace.

La viralità, intesa come la capacità di una grande idea di propagarsi spontaneamente, crescere e influenzare chiunque tocchi, può quindi diventare uno dei punti di forza attraverso la quale una struttura alberghiera, o un qualsiasi altro player del settore, può contagiare la propria rete di possibili clienti affinché questi diventino i primi ambasciatori di marca.

Il concetto di viralità può celarsi dietro a un’idea, un messaggio, una notizia, un video, una storia, che a prescindere dal mezzo e dalle sue caratteristiche di divulgazione, racchiuda in se le capacità per diffondersi e replicarsi grazie a chi ne entra in contatto.

Un hotel, un villaggio turistico, un parco di divertimento, un ostello della gioventù o un bed & breakfast, non importa quale sia la struttura ricettiva, può avere numerose storie da raccontare, può utilizzare i principi della narratologia e dello storytelling per creare racconti influenzanti in cui vari pubblici possono riconoscersi.

Pensiamo ad esempio all’Hans Brinker Budget Hotel di Amsterdam, un hotel fatiscente e senza utilities, un letto e poco altro da offrire ai suoi clienti, che nell’arco di 10 anni di campagna pubblicitaria è riuscito a “trasformarsi” e a vendersi come il peggior hotel del mondo. Una storia che attira l’attenzione del pubblico, ha una caratteristica per la quale viene riconosciuta, se ne parla perché hanno avuto il coraggio di promuoversi come “il peggiore”, e attorno a questa mezza verità si è basata una campagna di comunicazione ironica e cinica allo stesso tempo che è riuscita a varcare i confini nazionali.

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Oppure si potrebbe citare il caso della compagnia Air New Zealand che ha incentrato tutti i suoi sforzi in termini di comunicazione sul canale YouTube. A partire dal 2009 quando con la campagna “Nothing to Hide” il personale di bordo totalmente nudo, con i normali vestiti dipinti con la tecnica del body painting, illustrava le rituali misure di sicurezza prima del volo, stessa sorte toccò a Richard Simmons, guru del fitness degli anni 80, che illustrò i rituali prima del decollo attraverso un corso di aerobica.

Il non convenzionale si fonde con la necessità di dover raccontare qualcosa di nuovo e di farlo fuori dagli schemi, l’obiettivo è riuscire a spargere la voce per andare a colpire lo sciame di api e ottenere l’effetto brusio. George Bernard Shaw, scrittore e drammaturgo irlandese del secolo scorso ci ha lasciato un aforisma che a distanza di 100 anni è ancora molto attuale: “Avviso per chi pensa le pubblicità degli alberghi: io odio sentirmi a casa quando sono via”.

Dentro questa frase si nasconde la chiave per il successo: chiunque voglia aumentare la propria awareness deve comprendere che il consumatore ama raccogliere storie e divulgarle alla propria rete di contatti; è in cerca di esperienze e di novità. Il caro George l’ha capito nel 1900, ora tocca a voi.

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Esperienza, coinvolgimento, viralità e passaparola: il vocabolario del turismo non-convenzionale

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