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Diaspora di laureati in fuga dall’Italia

Perché, al giorno d’oggi, i giovani desiderosi di inserirsi ed emergere all’interno del panorama lavorativo si vedono costretti ad espatriare?

Gli ultimi dati pubblicati dall’Istat relativi all’indagine sui giovani disoccupati italiani sono a dir poco allarmanti: a novembre 2012 la percentuale dei giovani senza un lavoro (di età compresa tra 15 ed i 24 anni) ha segnato un nuovo record, quello del 37,1 %. Sono venticinquemila i giovani laureati che ogni anno si vedono costretti a lasciare il nostro Paese per andare alla ricerca di un’occupazione all’estero: fra il 2001 e il 2011 sono state 3.599.000 le persone che hanno deciso di lasciare l’Italia per trasferirsi fuori dai confini nazionali: di queste persone, 1.963.000 avevano un’età compresa tra 25 e 44 anni e più della metà possedeva una laurea.

Numeri, questi, che oltre a provocare un danno di circa 1,2 miliardi di euro l’anno al nostro PIL, fanno soprattutto riflettere: oggi trovare un’occupazione in Italia somiglia più ad un’utopia piuttosto che ad un passo naturale che ogni giovane compie una volta che ha terminato gli studi. Non si tratta di essere “choosy”: le prospettive occupazionali all’interno del nostro Paese mancano ed il fenomeno della cosiddetta “fuga dei cervelli” ne è una diretta conseguenza.

Ma dove si dirigono i giovani laureati italiani che cercano lavoro in un momento storico in cui la crisi economica non offre prospettive occupazionali nemmeno ai laureati più brillanti? Le mete più gettonate sono i Paesi europei: al primo posto si colloca la Germania, seguita da Svizzera, Regno Unito e Francia. L’esodo, però, si riversa anche oltreoceano: Stati Uniti e Brasile, ma anche Nuova Zelanda, Canada, Australia e Sud Africa sono infatti gli Stati che riescono a sfruttare le competenze acquisite dai laureati italiani in anni e anni di studio nella terra d’origine, senza avere speso un solo euro per la loro formazione.

La fuga di cervelli all’estero implica però anche una condizione essenziale che consenta ai giovani di sfruttare in ambito lavorativo le competenze acquisite in Italia durante gli studi: conoscere la lingua del Paese in cui si intende cercare fortuna. A questo scopo è utile prepararsi a monte: sebbene siano molti i giovani laureati che già possiedono un livello scolastico di lingue straniere, per emergere all’interno di un ambito lavorativo internazionale occorre conoscere anche e soprattutto i termini tecnici e specifici della propria professione. L’importanza delle lingue straniere non deve essere sottovalutata e molte sono le scuole di lingua che possono aiutare ad acquisire una preparazione professionale, come ad esempio, quelle proposte su ESL.

Ad accomunare le storie dei tanti ragazzi protagonisti della “fuga dei cervelli” c’è proprio questo: la determinazione e la voglia di mettersi in discussione nonostante i mille ostacoli ed i mille impedimenti imposti oggi dalla crisi. Storie di ragazzi con vite diverse unite dallo stesso punto di partenza: la volontà di combattere contro quello che viene sempre più spesso definito “azzeramento di una generazione intellettuale”. Come? Studiando, studiando e ancora studiando. Questi ragazzi passano ore sui libri a specializzarsi nel loro settore e poi successivamente a seguire lezioni di lingua straniera a casa oppure già all’estero con i validi programmi linguistici che propongono soggiorni out door: corsi di tedesco in Germania oppure lezioni di inglese in Australia; l’Europa e il mondo intero sono il teatro dove va in scena l’impegno dei giovani di oggi pieni di talento che sempre più spesso salgono su un aereo per crescere, studiare e lavorare lontano.

Perché se da un lato c’è chi si demoralizza dopo aver perso la fiducia nelle possibilità di crescita all’interno del nostro Paese, dall’altro lato c’è chi interpreta questa situazione come una sfida e trova la forza ed il coraggio di varcare i confini italiani per realizzare i propri sogni. Alla faccia di chi la definisce “generazione choosy”

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