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programmatore turistico

#1
Buongiorno. E prima di tutto grazie a chi mi legge e mi darà aiuto! ho lavorato per una decina d'anni per un T.O - che ora ha chiuso l'attività - come programmatore turistico, Posseggo una buona conoscenza ed esperienza tale da poter organizzare tour culturali in diverse zone , soprattutto medio oriente. Ho partecipato a molte fiere del settore e mi muovo con una certa facilità nell'ambiente del turismo responsabile e comunitario. La mia intenzione sarebbe continuare in quest'ambito e avrei trovato un T.O. disposto ad aprire un settore completamente dedito al turismo responsabile. Vi chiedo se è possibile collaborare come lavoratore autonomo aprendo partita iva. Ovviamente non ho alcuna iscrizione all'albo perché non esiste e questo T.O. sarebbe l'unico committente. GRAZIE
 

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#2
La mancanza di un albo con la riforma fornero crea un gran bel problema sul tuo caso, non tanto per te quanto per il committente, pur essendoci interessi tuoi nello sviluppo di questo nuovo filone di attività per il tour operator, che configura il rapporto più come una partnership che come rapporto di lavoro.
Ti riporto qui una nota:

<strong>Partite Iva, riforma lavoro e la presunzione di collaborazione</strong>
La riforma del lavoro Fornero colpisce il contratto di prestazione d’opera reso da titolari di partita Iva. Se il professionista lavora per 8 mesi in regime di monocom-mittenza con un datore di lavoro scatta la presunzione di un rapporto di collabora-zione coordinata e continuativa con tutte le conseguenze, anche previdenziali. Possibile anche la trasformazione in un rapporto di tipo subordinato a tempo indeterminato se manca il progetto.
La riforma del mercato del lavoro voluta dal Ministro Fornero ha avuto come obiettivo dichiarato la lotta contro l’utilizzo elusivo dei contratti atipici (contratti a progetto, contratti a termine, ecc.) e delle collaborazioni rese da titolari di partita Iva. Tali forme contrattuali, se utilizzate in maniera impropria, nella realtà possono na-scondere un rapporto di lavoro di tipo subordinato tra il datore di lavoro e il lavoratore. Per contrastare l’abuso del ricorso a tali tipologie contrattuali sono state introdotte nella riforma delle misure restrittive che mirano ad evitare queste elusioni.
Sulle partite Iva, argomento di cui approfondiamo ora gli aspetti, c’è la stretta della presunzione del rapporto di lavoro subordinato, che può comportare la trasformazione del rapporto in una collaborazione coordinata e continuativa e addirittura, se il progetto non è stato perfezionato tra le parti al momento della stipula del contratto d’opera tra le parti, può esserci la trasformazione in un rapporto di lavoro di tipo subordinato a tempo indeterminato. Ovviamente il datore di lavoro committente ha la facoltà di dimostrare che si tratta solo di un contratto d’opera. Vediamo nel dettaglio.
E’ stato rafforzato il collegamento sostanziale e logico tra le collaborazioni rese da titolari di partita Iva che operano in regime di monocommittenza o quasi (il lavoratore titolare di partita Iva che svolge l’attività professionale ed emette fatture verso un unico datore di lavoro) e le collaborazioni a progetto (di tipo coordinato e continuativo).
Di fatto la norma vuole rispondere, e chiarire, quei rapporti in cui il titolare di partita Iva, pur firmando un contratto di prestazione d’opera, è alle dipendenze economiche del committente datore di lavoro. Tale situazione in cui si trovano alcuni lavoratori autonomi, con la quasi totalità dei incassi professionali legata ad un unico committente, genera un utilizzo fraudolento delle partite Iva con un rapporto di lavoro tra le parti di fatto di natura subordinata o parasubordinata. I lavoratori in questo caso, pur essendo di fatto lavoratori dipendenti, non godono delle tutele di legge riservate proprio ai lavoratori dipendenti o parasubordinati. Entriamo nel merito delle novità della riforma lavoro su queste tipologie di attività con partita Iva.

<strong>La presunzione di collaborazione a progetto o subordinazione</strong>
<strong>La stretta sul contratto di prestazione d’opera</strong>. La riforma del lavoro dice che le prestazioni lavorative rese da persona titolare di posizione fiscale ai fini dell’imposta sul valore aggiunto (titolari di partita Iva) sono considerate, salvo che sia fornita prova contraria da parte del committente (ossia il datore di lavoro), rapporti di collaborazione coordinata e continuativa (contratto di lavoro a progetto), qualora ricorrano almeno due dei seguenti presupposti:
- che la collaborazione abbia una durata complessivamente superiore a otto mesi annui per 2 anni consecutivi (come modificato dalla successiva legge n. 134 del 2012. La riforma del Lavoro aveva previsto otto mesi nell’arco dell’anno solare);
- che il corrispettivo derivante da tale collaborazione, anche se fatturato a più soggetti riconducibili al medesimo centro d’imputazione di interessi, costituisca più dell’80 per cento dei corrispettivi complessivamente percepi-ti dal collaboratore nell’arco di due anni solari consecutivi (sempre per effetto delle modifiche della legge n. 134 del 2012. La riforma aveva previsto un solo anno solare);
- che il collaboratore disponga di una postazione fissa di lavoro presso una delle sedi del committente.

Quindi il contratto di prestazione d’opera, con il lavoro autonomo del titolare di partita Iva svolto con lavoro prevalentemente personale e senza vincolo di subordinazione di cui all’art. 2222 del codice civile, viene parzialmente limitato, dopo le modifiche della legge n. 134 del 2012. Se si realizzano i presupposti di cui sopra il rapporto diventa di collaborazione coordinata e continuativa.
Per quanto riguarda la durata della collaborazione, l’art. 69 bis modificato dalla legge n. 134 del 2012, non menziona più il riferimento all’anno solare ma ai due anni consecutivi. Il Ministero del Lavoro nella circolare n. 32 del 2012 chiarisce che il periodo biennale in questione va individuato nell’ambito di ciascun anno civile (1 gennaio – 31 dicembre).

<strong>Quando si applica la nuova legge sulla presunzione</strong>. La presunzione che determina l’integrale applicazione della disciplina sulla trasformazione in un contratto a progetto, ivi compresa la disposizione dell’articolo 69, comma 1, si applica ai rapporti instaurati successivamente alla data di entrata in vigore della riforma lavoro, la leg-ge n. 92 del 28 giugno 2012, ossia il 18 luglio 2012. Per i rapporti in corso a tale da-ta, al fine di consentire gli opportuni adeguamenti, le predette disposizioni si appli-cano decorsi dodici mesi dalla data di entrata in vigore della presente disposizione. Quindi più o meno dal mese di luglio 2013.

Computo degli 8 mesi: 241 giorni annui. La circolare ministeriale precisa che il legislatore fa riferimento ad un periodo “superiore ad 8 mesi annui”. Considerando che convenzionalmente la durata di un mese è pari a 30 giorni è possibile ritenere che, nell’ambito di ciascun anno, il periodo in questione debba essere almeno pari a 241 giorni, anche non continuativi.
A tal fine, ai fini dell’accertamento, occorrerà anzitutto tenere in considerazione i periodi di attività desumibili da elementi documentali (es. lettere di incarico o fatture in cui è indicato l’arco temporale di riferimento della prestazione professionale). La circolare precisa, inoltre, che c’è la possibilità di determinare la durata dell’incari-co anche sulla base di elementi di carattere testimoniale assunti, in sede di verifica ispettiva, da altri lavoratori o di terzi.
Il periodo di 8 mesi va inteso come durata del contratto, della collaborazione, indi-pendentemente dal periodo in cui si colloca rispetto al calendario civile. Inoltre van-no incluse anche eventuali proroghe o rinnovi intervenute tra le parti.
Con le modifiche apportate che fanno riferimento al biennio, va considerato che tale condizione di lavoro per 8 mesi annui nel biennio potrà essere verificata, essendo riferita a ciascun anno civile ed essendo entrata in vigore la legge il 18 luglio 2012, solo a partire dai periodi 1 gennaio – 31 dicembre degli anni 2013 e 2014.

<strong>Il parametro economico dell’80% del fatturato</strong>. Va valutato il rapporto tra i ricavi percepiti dal collaboratore nell’anno solare e i ricavi stabiliti nel contratto di collaborazione tra il datore di lavoro e il titolare di partita Iva. Sulla base di quanto disposto dalla legge vanno considerati solo i corrispettivi derivanti da prestazioni autono-me. Il Legislatore, precisa la circolare n. 32 del 2012 del Ministero del Lavoro, fa riferimento alla fatturazione, quindi alla luce di queste disposizioni, vanno considerati i corrispettivi “fatturati” al committente, indipendentemente dall’effettivo incasso delle somme pattueite.
E non vanno considerati i corrispettivi percepiti in forza di prestazioni di lavoro subordinato o di lavoro accessorio o redditi di altra natura. Ai fini della verifica del requisito economico, si computano anche i corrispettivi fatturati ad uno o più sog-getti riconducibili allo stesso centro d’imputazione d’interessi.
Inoltre si fa riferimento all’arco temporale di due anni solari consecutivi, ossia 2 periodi di 365 giorni che non necessariamente devono coincidere con l’anno civile. A titolo esemplificativo, il collaboratore che alla data del 31 marzo 2016 intenda far valere l’esistenza della condizione, dovrà dimostrare che per ciascun dei periodi 31 marzo 2015 – 30 marzo 2016 e 31 marzo 2014 – 30 marzo 2015 ha percepito, in forza della medesima collaborazione, l’80% dei corrispettivi percepiti in ciascun dei due archi temporali.

<strong>La postazione fissa di lavoro</strong>. E’ il terzo requisito che comporta la presunzione di subordinazione. Come abbiamo detto, ne bastano due su tre di questi requisiti. Per la postazione fissa si intende una postazione stabilmente assegnata al lavoratore anche se non esclusiva. Tale condizione si verifica quando, negli archi temporali utili alla realizzazione di una delle altre condizioni indicate, il collaboratore possa usufruire di una postazione ubicata in locali in disponibilità del committente, indipendentemente dalla possibilità di utilizzare qualunque attrezzatura necessaria allo svolgimento dell’attività.
 
#3
Ti ringrazio. Stavo cercando di capire anch'io qualcosa in più della legge Fornero. Che peraltro è giusta nelle intenzioni.....ma nel mio caso e forse in altri proprio non ci azzecca. Purtroppo non vedo molte altre possibilità di partnership, e ovviamente è una bella mazzata in testa.
 

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Amministratore
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#4
detta tra noi questa storia è una gran cavolata, perchè oggi ci sono tantissime - anche nel turismo - nuove professionalità che operano da esterni con l'impresa. Ma no perchè le si vuole sfruttare ma perchè si riferiscono ad ambiti circoscritti di un progetto, di una attività molto specifica, perchè potrebbe trattarsi di avviare una startup o altro genere di ramo aziendale senza per questo appesantirsi di dipendenti [che magari manco servirebbero soprattutto in fase iniziale].
Io ti consiglio di parlarne con il tour operator e con il loro consuente del lavoro. Credo che al di là della norma qualche forma possa esserci, mettendo in chiaro che il tipo di collaborazione non è subordinato.
Sinceramente conosco molti liberi professionisti, free lance, autonomi, monocliente...che hanno continuato a fare i loro lavoro.
 

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