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Lauree turismo quali evitare e perché

#31
intanto complimenti per il primo traguardo raggiunto. dopodiché mi permetto di dire: lasciati guidare dalla passione, da ciò che realmente ti piace, ma sempre con uno sguardo al mercato del lavoro. Fra turismo e beni culturali, istintivamente sceglierei beni culturali. ma razionalmente punterei sul turismo: almeno potenzialmente offre prospettive più ampie dal punto di vista lavorativo. Fermo restando, comunque, che la laurea è solo un primo passo. poi la strada che più ti piace la individuerai tra una specializzazione e un'esperienza diretta sul campo. turismo è... destination, hospitality, pubblico, privato... ce n'è per tutti e per tutti i gusti. la differenza la farà - al di là del pur importante "pezzo di carta" - la tua grinta e la tua determinazione. se veramente credi in qualcosa, lotta. Certo, accumulerai qualche delusione, ma i momenti difficili fanno parte del percorso. alla fine raggiungerai risultati che ti renderanno fiera di te. credici, studia con passione (non tanto per passare l'asame, non serve a niente e non ti resta niente) e lotta. questa è la ricetta vincente
 
#32
Ciao Paolo, non ho conoscenza diretta di questo corso di laurea, ma direi che mi sembra interessante. Anche perché la "sostenibilità" a mio avviso diventerà un imperativo nei prossimi anni, se non subito. siamo andati oltre, se non si torna ad avere più cura e rispetto per l'ambiente che ci circonda (e per il prossimo) facciamo una brutta fine. diverse correnti di pensiero parlano della necessità di ripensare il modello economico. economia sostenibile, per l'appunto. detto questo, la penso come luigi: la laurea è comunque un punto di partenza e non di arrivo. comincia con questo corso, visto che ti piace. poi magari, strada facendo capirai su quale aspetto è meglio insistere (e specializzarsi) per ottenere maggiori chance dal punto di vista occupazionale. perché alla fin fine è un lavoro quello che cerchi, giusto? Magari mentre studi, le aziende del settore avranno cominciato a capire che occorre affidarsi a professionisti competenti per rinnovarsi. e tu capiteresti a fagiolo... te lo auguro
 
#33
Buongiorno a tutti,
mi sono laureata nella triennale di Scienze del Turismo della Sapienza di Roma nel 2012. Nell'insieme posso parlare di questa facoltà in maniera positiva. La triennale è stata per me una base senza la quale non starei facendo il mio attuale lavoro. Sono Food & Beverage Assistant Manager in Resort 5 stelle lusso, in cui gestisco (insieme al F & B Manager) 22 outlets tra bars e ristoranti, per un totale di 400 persone circa. Ovviamente non ho trovato questo lavoro subito finita la triennale; dopo la stessa infatti ho fatto due Masters (Management delle Organizzazioni Turistiche e Food & Beverage Management) e un'esperienza in Inghilterra per imparare bene l'inglese ma senza la triennale non avrei avuto una preparazione idonea per affrontare i successivi studi.
La triennale in Scienze del Turismo mi ha dato una visione teorica d'insieme e le conoscenze basilari.
Non sto qui a negare la disorganizzazione che albergava all'interno della facoltà, non sto qui a negare che magari qualche esame inutile c'è stato o che l'università italiana non funga da anello di congiunzione con il mondo del lavoro. Inoltre credo che se l'idea è quella di voler andare a lavorare in TO, ADV o alberghi, per quello ci sono le scuole superiori ad indirizzo turistico e diversi corsi professionalizzanti che rilasciano il giusto know-how in merito. Secondo la mia esperienza la laurea triennale serve per guardare più in grande, è un mezzo di tramite per arrivare a posizioni differenti.
Per concludere questo sproloquio sono dell'idea che essenzialmente la triennale in Scienze del Turismo sia un punto di partenza e non un punto di arrivo.
 

Francesco Mongiello

Consulente Web Marketing Turistico & Social Media
Staff Forum
#34
Grazie Marta per averci raccontato la tua esperienza perchè corrisponde esattamente al nostro punto di vista.
Universitá nel turismo, con i loro corsi di laurea, in particolare la triennale, sono un punto di partenza i cui benefici si comprendono solo dopo percorsi specialistici e di esperienza sul lavoro. Un pò un trampolino dal quale lanciarsi per poi sperimentare, formarsi alle professioni, perlustrare e crescere continuamente.
 
#35
"Un punto di partenza e non un punto di arrivo": in questo tuo passaggio c'è l'essenza di ciò che penso. ovviamente condivido il tuo pensiero, marta.

non si può pretendere di certo che l'università formi professionisti già belli e pronti, ma sicuramente può dare un indirizzo, può indicare la via, fornire un metodo. poi sta alla bravura dei singoli (e perché no? a qualche master specialistico) ritagliarsi un posto al sole nel mondo del lavoro.

Ecco, quel pezzo di carta è fondamentale, se si ambisce a qualcosa di più di un semplice impiego.

Penso anche che comunque l'università debba cambiare registro in Italia. Lo impone la realtà: da noi siamo ancora troppo ancorati alla teoria, trascurando la pratica, che resta fondamentale. Lo studente deve tastare con mano ciò che legge sui libri. i master, da questo punto di vista, stanno avanti, perché spesso e volentieri gli stage non sono solo di facciata.

l'università ha anche bisogno di svecchiarsi: negli ultimi anni la società ha messo il turbo, non si può andare in aula con la macchina per scrivere o con il computer che gira con il dos (esagerazione voluta, tanto per rendere l'idea), quando ormai viaggia tutto su tablet e smartphone.

Né può restare ancorata a una politica che sul turismo vive di rendita, senza essere in grado di sfruttare le infinite potenzialità dell'Italia.

Detto questo, resto del parere che andare all'università non sia affatto tempo perso. resta sempre un'ottima palestra di vita. Anche e soprattutto per i fuori corso. se non altro, imparano a cucinare e a fare il bucato...
 

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