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Le vie del gusto

#31
Siamo rimasti in quattro.
Riecheggiando una famosa canzone italiana, ed adattandola alla nostra, pura coincidenza, realtà.
Il primo, solo per comodità letteraria, io: interista-leninista keynesiano ortodosso..
Il secondo: interista d'istinto (come potrebbe essere il contrario?).
Il terzo: milanista apostata, ora agnostico.
Il quarto: juventino-reaganiano.
Inutile dire che il quarto è soggetto, essendo amico d'infanzia, a continui percorsi rieducativi per recuperane l'originaria innocenza.
Impresa ardua.
Abbiamo optato (a larga maggioranza), per sedute terapeutiche con sede presso ristoranti o trattorie selezionate scrupolosamente da noi. Il prezzo per ogni seduta è il pagamento del conto.
(segue)
 
#34
Mozzarelle Dop, tra Campania e Puglia spunta il ricorso dei tedeschi
di Michelangelo Borrillo30 mag 2020

Nessuno identifica la mozzarella con la Germania. Eppure i tedeschi, in particolare i bavaresi, hanno bloccato l’iter dell’istituzione della Gioia del Colle Dop, la mozzarella a Denominazione di origine protetta pugliese. Già ostacolata sul nascere dai campani, a difesa della storica bufala Dop, adesso i pugliesi — dopo aver vinto a Roma la sfida interregionale durata più di due anni — devono fronteggiare un attacco bavarese, il cui esito sarà deciso a Bruxelles.

(continua su https://www.corriere.it/economia/co...hi-e2221500-a257-11ea-bc2b-bdd292787b00.shtml )
 
#35
Fu durante una nostra "seduta catartica" che conobbi il Professor P.
La trattoria era angusta, gli spazi ristretti e gli avventori seduti vicino al nostro tavolo erano costretti a sorbirsi, oltre al cibo, tutte le scemenze che una combriccola di amici poteva dire in piena libertà davanti ad un piatto ed un calice di vino.
Il Professor P. non ne fu affatto turbato, anzi, il sorrisetto appena accennato e le fessure degli occhi ridotte al minimo dietro gli occhiali spessi, sembravano divertirlo. Lo invitammo ipso facto a sedere al nostro tavolo.
Il Professor P. è stato mio maestro di gusto.
Intendiamoci, non è che ai tempi della mia gioventù non sapessi distinguere tra un'amatriciana e un pesto alla genovese, ma ero ancora inconsapevole della primordialità del mio palato ancora allo stadio di "sapido-insipido", "scotto-crudo", fino al più universale, e molto soggettivo, "buono-cattivo".
Corso, piccolo di statura, con un eterno sorriso accattivante e uno sguardo che sembrava penetrarti nell'intimo da dietro i suoi occhiali pesanti, è stato insegnante di filologia classica alla Sorbona.
Un erudito.
Un lieve rilassamento addominale tradiva il piacere per il cibo.
Degustatore per vocazione e recensore per la guida Michelin per il solo rimborso spese. Tolte queste, devolveva i proventi pagati dalla guida ad una associazione filantropica francese che preparava pasti caldi per i "clochards", particolare che scoprii da solo.
Ero giovane portiere di notte a Firenze nell'hotel di cui sarei stato capo ricevimento: il Professor P. divenne poi mio cliente e fu quello che ci assegnò una stella (in incognito) parecchio meritata.
Fra noi, ci separava una generazione, ma fu subito intesa. Entrambi eravamo amanti di Platone, della tragedia greca e della musica classica, nonchè del buon cibo.
In realtà i Professor P. fu con me molto condiscendente. Ero grezzo, e lo capì subito alla prima cena insieme da soli quando confusi grana con parmigiano a proposito di un risotto. Nonostante ciò mi prese a benvolere e, ogni volta che capitava a Firenze, mi portava con sè per ristoranti da recensire.

(segue)
 
Ultima modifica:
#36
La birra spalmabile, per veri patiti della bionda
Ecco una nuova invenzione culinaria tutta italiana: la birra spalmabile. Per infiniti utilizzi, la ricetta cambia il modo di consumare il distillato
Se ancora non ne eravamo a conoscenza, ecco che rimediamo subito. È da un po’ di tempo disponibile una nuova invenzione culinaria: la birra spalmabile. Questa trovata farà storcere il naso ai più fedeli amanti del distillato e incuriosirà i meno tradizionalisti. Non lascerà indifferenti, questo è sicuro. Potrà cambiare il modo di consumare la tanto amata bevanda: basta con i boccali, è tempo di coltello!

È così che la si potrà gustare, spalmandola su una fetta di pane. Sebbene l’idea faccia venire i brividi, non sono poche le reazioni positive di persone che si sono dimostrate, se non altro, incuriosite dalla ricetta. Ma da dove proviene questa geniale trovata? Chi ha avuto l’idea di tradurre una bevanda in un composto spalmabile?

Birra spalmabile: orrore o rivoluzione?
L’idea è stata di Pietro Napoleone, maestro cioccolatiere di Rieti, il quale ha avviato una collaborazione insieme al Birrificio Alta Quota. Un’idea tutta italiana, dunque. Infatti, lasciando da parte i dubbi e le perplessità iniziali, possiamo in realtà vedere degli utilizzi concreti e soddisfacenti della crema spalmabile. In effetti, la birra si presta bene, con il suo sapore, a infinite ricette.

Non soltanto la birra può accompagnare piatti a base di pesce, ma anche quelli a base di carne rossa, panificati, verdure e dolci. La sua versatilità è tale per cui è applicabile a numerose ricette e piatti anche molto diversi tra loro. Perciò, prima di criticare, aspettiamo di assaggiare anche soltanto un po’ della crema, dalla consistenza di una vera a propria composta.

Due creme spalmabili per infiniti utilizzi
La birra può essere sia una marmellata, quindi più dolciastra, sia una sorta di mostarda e quindi dal sapore più acuto e salato. La ricetta originale è ovviamente segreta. Tutto quello che sappiamo è che si tratta di una sostanza gelatinosa in due varietà che ricalcano le birre di partenza, la Omid e la Greta, rispettivamente una bionda ed una scura.

La birra spalmabile bionda, chiamata Golden Ale Spreadable Beer, è quella dal sapore più morbido, adatta a piatti delicati come insalate, formaggi poco salati, crostacei e dessert alla frutta. La birra spalmabile scura, chiamata Dark Ale Spreadable Beer è ,invece, più forte e decisa, adatta a pietanze come carni rosse, salumi, formaggi stagionati e dolci al cioccolato.

supereva.it
 
#37
Michelin: i bookmaker puntano su Cracco, Cannavacciuolo e Vissani

Da Carlo Cracco a Gianfranco Vissani, passando per Antonino Cannavacciuolo: gli chef più gettonati nella corsa a un nuova stella Michelin nel 2020

Entro il mese di novembre 2020 è in programma una nuova edizione della Guida Michelin nella quale verranno assegnate le tanto agognate stelle.
Nonostante manchino ancora diversi mesi all’uscita della ‘Rossa’, iniziano già a circolare le prime indiscrezioni relative agli chef in odore di nuova stella Michelin. Sono tre i cuochi italiani più gettonati: Carlo Cracco, Antonino Cannavacciuolo e Gianfranco Vissani.

Secondo i bookmaker, lo chef con più probabilità di conquistare una stella Michelin nel 2020 è Carlo Cracco. La riconquista della seconda stella, persa nel 2017, è quotata a 2,5. Lo chef, tra i più noti in Italia anche grazie alla partecipazione a programmi televisivi come “Masterchef Italia”, “Hell’s Kitchen Itali” e “Nella mia cucina”, ha riaperto il suo ristorante in Galleria a Milano dopo il lockdown e ha deciso di iniziare un nuovo progetto: un’azienda agricola a Santarcangelo di Romagna, il paese d’origine della moglie Rosa Fanti.

Subito dopo Cracco, i bookmaker puntano molto anche su Antonino Cannavacciuolo. La terza stella Michelin del ristorante Villa Crespi a Orta San Giulio, in provincia di Novara, è quotata a 2,75. A causa del Coronavirus, come molti dei suoi colleghi chef, anche Cannavacciuolo ha puntato sul delivery e sul take away con i suoi due bistrot, entrambi stellati: il Cannavacciuolo Café & Bistrot di Novara e il Bistrot Cannavacciuolo di Torino.

Possibile nuova stella Michelin anche per Gianfranco Vissani, uno dei cuochi più famosi d’Italia: i bookmaker la quotano a 3,5. Occhio alle possibili sorprese come Bruno Barbieri. La possibile stella Michelin per il suo ristorante Fourghetti, appena rinnovato grazie all’intervento dello street artist Afran, è pagata più di 6 volte la posta in gioco.

Gli chef verranno giudicati, oltre che per la qualità dei piatti, anche per la capacità di resistere a adattarsi ai cambiamenti in un anno difficile per il mondo della ristorazione che ha dovuto fronteggiare l’emergenza Coronavirus. La Guida verrà presentata entro il mese di novembre in un evento che potrebbe anche essere virtuale. Gli autori della prossima edizione della ‘Rossa’ devono fare i conti con i problemi causati dalla pandemia: la Guida Michelin sta già segnalando le riaperture dei ristoranti stellati in tutto il mondo, segnale del lento ritorno alla normalità.

initalia.it
 
#38
Un giorno a Pienza

Con mia moglie, mia figlia e la mia segretaria (a tutti gli effetti membro della nostra famiglia), abbiamo deciso oggi di pranzare a Pienza.
L'antefatto è questo: il trattore, Luciano,, è mio amico da circa trenta anni.
A Pienza è proprietario di una osteria ormai famosa, c'è da fare la fila per mangiare. La sua osteria è stata luogo, ai tempi della mia gioventù, di un incontro per me tanto casuale quanto fortunato con il più grande poeta italiano moderno: Mario Luzi.
(segue)
 
#39
L'allarme: dalla Cina miele 'senza api', economico ma falso
L'allarme: dalla Cina miele 'senza api', economico ma falso
Il prodotto viene allungato con sciroppo di zucchero permettendo così di ridurre i costi ma a discapito della qualità, e mettendo in difficoltà l'apicultura italiana

Redazione Bruxelles
25 giugno 2020 12:36


L'allarme: dalla Cina miele 'senza api', economico ma falso

Un miele fake, allungato con sciroppo di zucchero, ma che viene venduto a prezzo molto più basso sbaragliando la concorrenza del prodotto italiano, più costoso perché autentico e di qualità.

Importazioni dalla Cina
Cia-Agricoltori lancia l'allarme contro le importazioni dalla Cina che starebbero lettteralmente invadendo l'Italia. "Il nettare delle api è al terzo posto tra i dieci alimenti maggiormente a rischio di frode alimentare, che viene effettuata con l'aggiunta di sciroppo di zucchero e con metodologie di produzione non conformi alle norme europee, in cui l'uomo, fuori dall'alveare, si sostituisce alle api nella realizzazione del laborioso processo di maturazione del miele. Il 'falso' miele, difficile da rilevare con i controlli effettuati alle frontiere, crea una concorrenza sleale che sta fortemente penalizzando l'apicoltura italiana (prezzo medio di produzione 3,99 al chilo), che ha registrato nel 2019 perdite per 70 milioni di euro, flagellata anche dal problema del climate change, che hanno determinato un crollo della produzione (-50%)", afferma l'associazione in una nota.

La tutela del settore
A tutela del settore, Cia propone all'Ue l'imposizione ai mieli importati da Paesi terzi, della conformità con la definizione europea di miele, sostanza che deve essere prodotta esclusivamente dalle api mellifere e alla quale non può essere aggiunta nessun'altra sostanza. Si richiedono anche maggiori controlli ai confini Ue e nuove metodologie di analisi, al passo con le adulterazioni sempre più sofisticate, oltre all'introduzione dell'etichettatura del Paese di origine sulle miscele di miele, per evitare frodi. La flessione produttiva di miele, causata dai cambiamenti atmosferici negli ultimi anni, è un problema che affligge tutta l'apicoltura mondiale, ma sembra non riguardare la Cina che, invece, aumenta la capacità produttiva di anno in anno.

Le esportazioni in Europa
Le esportazioni di miele in Europa, a prezzi così fortemente concorrenziali, si attestano sulle 80 mila tonnellate, avvalorando i sospetti diffusi nella comunità scientifica internazionale. La produzione artigianale, più rapida ed economica, accelera, infatti, i processi di deumidificazione e maturazione che le api effettuano con tempi molto più dilatati, ma rendono il prodotto finale privo delle caratteristiche di genuinità del miele. Il danno economico derivante dalle difficoltà di mercato per gli apicoltori italiani sta, dunque, mettendo in ginocchio un comparto che in Italia conta 63 mila apicoltori, un milione e mezzo di alveari, 220 mila sciami, 23 mila tonnellate di prodotto e oltre 60 varietà

L'allarme: dalla Cina miele 'senza api', economico ma falso
Ricadute sulla concorrenza
. Le pesanti ricadute della concorrenza del 'falso' miele cinese, non riguardano solo la filiera, ma tutta l'agricoltura italiana che dipende al 70% dalle api nella loro funzione di impollinatori. Una crisi ulteriore del settore metterebbe, infatti, a rischio la sicurezza alimentare del Paese e i nostri prodotti agricoli, simbolo di tipicità e biodiversità.



http://www.agrifoodtoday.it/filiera...993.613738778.1593166686-544217269.1581975369
 
#40
Un giorno a Pienza

Appena ti siedi al tavolo il cameriere, come da prassi, ti chiede in sequenza, in mancanza di assenso, dapprima baldanzoso e poi in un progressivo sconforto: "Cosa bevete? Chianti DOC, Chianti della casa, ....acqua....:oops:,... vino americano?:mad:.
Per i profani il vino americano altro non è che la Coca Cola....
(segue)
 
#42
Sempre da Secret Escapes

Viaggio tra i sapori della Toscana
a partire da € 219.00

  • 4, 5 o 7 notti in Toscana
  • Prima colazione
  • Possibilità di mezza pensione opzionale (a seconda dell'hotel scelto)
  • Un drink di benvenuto
  • Una cena in hotel a base di specialità locali
  • Una lezione di cucina in hotel
  • Visita ad una distilleria di gin o un piccolo omaggio di benvenuto (a seconda dell'hotel scelto)
https://it.sales.secretescapes.com/116254/viaggio-tra-i-sapori-della-toscana/
 
#43
Punti di vistaInterviste
DonPasta è Audible con “La Repubblica del soffritto”!

Francesca Brunzo
ieri alle 13:00

Daniele de Michele, meglio noto come Don Pasta, è un dj saletino che da ormai vent’anni ha una sola missione ovvero far ascoltare la cucina e far assaggiare la musica.

No, non c’è un errore nella frase, è proprio giusto ciò che leggete: Daniele cucina mentre si esibisce e l’esibizione è dare voce alla cucina della sua tradizione mentre i suoi vinili scandiscono i tempi di preparazione, cottura e impiattamento, unendo due forme d’arte che si completano a vicenda perché completano il quadro dei sensi umani da coinvolgere.

Fin dal 2000, Daniele porta in scena le ricette del suo Salento, quelle tramandate e preparate dalla nonna ed è stato proprio questo a far nascere in lui la curiosità per la cucina tradizionale o come la chiama lui “di famiglia”, allargando il concetto non solo a tutte le regioni italiane bensì all’intero mondo.
È fuori dubbio che in qualche modo ed in una modalità totalmente spettacolare, Don Pasta sia riuscito ad unificare i concetti di sentire ed ascoltare; non è un remix, non è la “solita musica” col vestito nuovo, questo piuttosto è un mash-up che ha fatto sì che entrambi raggiungessero un livello differente, toccando quasi una nuova dimensione: il suono del gusto.
Certamente quella di Daniele de Michele è una vera e propria filosofia, soprattutto è dimostrazione che l’arte non si può esprimere in una sola via. Così Don Pasta ha iniziato a prendere tutte le strade possibili e soprattutto nei vicoletti di quartiere si fermava ad ascoltare vecchi racconti, romantiche storie, ricette di una vita.

E allo stesso modo, prendendo tutte le direzioni possibili, ha provato a percorrere innumerevoli strade per “mostrare la vera essenza”: ci sono stati libri come “La parmigiana e la rivoluzione”, manifesto di una cucina popolare, festaiola, sana ambientalista, familiare, in contrasto con la cucina delle generazioni dei cuochi in tv; oppure libri come Kitchen social club” che è una raccolta di 25 racconti di contadini militanti e di prodotti "genuini e clandestini", una raccolta di ricette che si innalza a statuto della cucina per ciò che dovrebbe essere cioè un patrimonio comune; e ancora libri come “Artusi remix”, tributo alla cucina dei paesini più arroccati e delle stradine meno battute di sempre perché la cucina casalinga italiana è “la più grande lista di stellati che non apriranno mai”. Ai libri sono susseguite immagini vere, come quelle del film documentario di cui Don Pasta è stato regista, stavolta firmando senza pseudonimi come Daniele de Michele: sto parlando de “I Villani”, quattro storie di quattro persone comuni che rappresentano l’intera Italia e che parlano di agricoltura, pesca, allevamento, formaggi e cucina familiare.

Lo scopo è sempre lo stesso, le vie per quanto infinite riportano sempre alla stessa unica strada: salvare la cucina tradizionale. Questa è la ragione per cui Don Pasta aveva la vera e propria esigenza di diffondere le interviste e le chiacchierate fatte negli anni con le decine di nonnine incontrate; uno come lui così attento alla tradizione non poteva che riportare in scena una immagine anni 30 come l’ascolto della radio mentre ci si prepara ai fornelli ed il tutto mixato con il sentire: sentire i rumori di fondo, sentire la passione, sentire l’emozione di un racconto.
Proprio da tutto ciò nasce “La Repubblica del Soffritto”, 22 episodi di 50 minuti l’uno in forma di podcast e disponibili su Audible.
Mi spaventava l’idea, inizialmente! Poteva non essere capito ed ad ogni registrazione di un episodio passavo 3 o 4 ore insieme alle due redattrici a cercare di capire se fosse possibile raccogliere in quei 40-50 minuti delle vere storie oltre che le ricette.” Cosi Daniele de Michele mi spiega le sue preoccupazioni, ma prosegue: “quando mi sono ascoltato e ho sentito tutto ciò che c’era dentro quegli audio mi sono detto che non potrebbe esserci modo più bello per ascoltarsi, dedicarsi del tempo e staccare dal mondo che metter su uno di quegli episodi e iniziare a cucinare!”


Non ci resta che dire che non vediamo l’ora di ascoltare di gusto!

foodclub.it
 
#44
L'oro rosso di Gela, e il sacro (e familiare) rito della conserva
di ANTONIO SCUTERI

Nella fertile piana del centro siciliano il pomodoro, in particolare quello ramato, ha trovato il suo habitat naturale. Crudo, essiccato, trasformato in profumate salse è alla base della cucina del territorio

Amava viaggiare, Archestrato di Gela. Lunghe peregrinazioni negli angoli più sperduti della sua Sicilia, e oltre. Da buon filosofo, cercava il sapere. Da raffinato poeta, voleva scoprire storie da raccontare. Ma, soprattutto, da cultore del piacere e precursore di Epicuro, cercava il bello e il buono in ogni dove. I vini pregiati, la selvaggina più rara, le ricette imperdibili, i pani più fragranti, le stagioni della pesca. Tutto questo ce lo ha raccontato nella sua opera più famosa e fortunata, Gastronomia, che Callimaco definì il "Poema del Buongustaio".

Un gourmet ante litteram del IV secondo avanti Cristo, insomma, la cui eredità golosa si affermò nella Roma imperiale, fino a influenzare lo stesso Apicio, considerato il padre della cucina romana antica (e dei suoi influssi su quella moderna). Del resto Archestrato veniva da una terra, la Sicilia, già allora rinomata come paradiso dei buoni prodotti, una cornucopia di delizie ricercatissime (e non è che al giorno d’oggi le cose siano poi molto diverse). E quell’angolo dell’isola che gli ha dato i natali, Gela appunto, affacciato su acque limpidissime e circondato da fertili terreni, era uno degli epicentri della gastronomia del tempo.
Ma c’è un prodotto che il buon Archestrato, per motivi storici, non ebbe modo di assaggiare (e che di sicuro avrebbe adorato). Un prodotto allora sconosciuto, ma che ora ha trovato qui una delle sue sedi d’elezione: il pomodoro. Più di mille anni dovranno passare prima che l’ortaggio (allora ancora giallo) arrivasse in Europa dopo la scoperta del Nuovo Mondo. E altri 200 ancora prima che da esotica curiosità botanica, e vistosa pianta ornamentale nei giardini nobiliari, diventasse uno dei pilastri delle cucina italiana ed elemento centrale del suo piatto simbolo, gli spaghetti al pomodoro.
Tutta la Sicilia meridionale, dalla pianura di Vittoria alla Valle dell’Acate, è famosa per i suoi pomodori, di infinite varietà, a cominciare da quella più nota negli ultimi anni, il Pachino. Di recente poi, Campagna Amica, nel suo viaggio nella biodiversità italiana, ha deciso di assegnare il suo Sigillo al Pizzutello di Paceco, perfetto in insalata e per la preparazione del pesto alla trapanese. Gaspare Pilato è il custode di questa varietà e la propone in vendita ai visitatori del Mercato di Campagna Amica di Trapani.
Allo stesso modo, anche la Piana di Gela è rinomata per le sue coltivazioni di pomodori. Sia di quelli che potremmo definire "basic", allevati in serra e destinati ai mercati di tutto il mondo, e sia per le produzioni più di nicchia, come il pregiato pomodoro ramato a grappolo, che insieme al carciofo violetto è uno dei vanti gastronomici della zona. Succoso, ricco di vitamine e sali minerali, adatto sia al consumo da crudo nelle insalate (o con tonno e cipolla, come si usa spesso da queste parti) e sia alla cottura per trasformarlo in un profumatissimo sugo.
Ma a Gela, come in altre parti del Meridione, quello del pomodoro è anche il rito della preparazione delle conserve. Dalla classica passata, con la quale riempire "i buttigli i sarsa" per portare in tavola tutto l’anno i profumi dell’estate, fino alla preparazione dei "chiappi": attività antichissima e storicamente affidata alle donne del paese, che consiste nel tagliare i pomodori freschi a metà, e poi metterli su tavolini di legno, cospargerli di sale e poi lasciarli essiccare per giorni e giorni, tradizionalmente otto, al sole (per poi ritirarli al chiuso al tramonto). E ancora oggi, nel periodo giusto, il rito si ripete, e i tavolacci di legno ricoperti di "oro rosso" fanno la loro colorata comparsa su balconi, terrazzi e perfino nei vicoli, tra casa e casa. A riempire di profumi, e suggestioni, l’aria della città.

repubblica.it
 
#46
Segmentazione del mercato globale Insetti commestibili per dimensione del settore 2020-2026 quota, tipi, applicazioni e analisi delle previsioni future
Bethany Lee

L’ultimo rapporto di ricerca sul mercato Insetti commestibili fornisce informazioni esaustive sullo stato del settore, dimensioni, quote, tendenze, opportunità di crescita e panorama della concorrenza. Il rapporto comprende la struttura della catena industriale, i driver di mercato, le restrizioni e la roadmap futura del settore. Il rapporto di mercato Insetti commestibili offre una panoramica completa delle politiche e dei piani di sviluppo oltre ai processi di produzione e alle strutture dei costi. Inoltre, il rapporto riflette sui vari fattori che possono avere un impatto sul mercato Insetti commestibili durante il periodo di previsione.

Questo studio di ricerca esamina le attuali tendenze di mercato relative alla domanda, all’offerta e alle vendite, oltre ai recenti sviluppi. Per fornire un quadro esaustivo del mercato sono stati presi in considerazione i fattori principali, le restrizioni e le opportunità.

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Analisi del mercato globale Insetti commestibili da parte dei produttori:
I giocatori principali trattati:
Alcune società chiave che sono presenti nel mercato globale insetti commestibili sono Cricket Lab (UK), JR unico Foods Ltd., Part (Thailandia), Bugs globali Asia Co., Ltd. (Thailandia), Haocheng Mealworm Inc. (Cina), Kreca Ento alimentari BV (Paesi Bassi), Coalo Vally Farms (US), Aspire food Group (USA), tutte le cose Bugs, LLC (USA), Beta Hatch Inc. (USA), e il B & uuml; hler holding AG (Svizzera ).

Segmentazione del rapporto mrket Insetti commestibili:
Con Insect Type
grilli
mealworms
Le mosche soldato di colore
Buffalo & rsquo; s
Grasshoppers
formiche
Bachi da seta
cicale

Per Tipo di Prodotto
interi Insetti
Insect Polvere
Insect Meal

Con Uso finale
Consumo umano
Cibo per animali
agricoltura

Il mercato offre i seguenti componenti principali:
Uno studio approfondito del mercato globale Insetti commestibili, inclusa la stima di detto mercato.
Parametri chiave che guidano il mercato globale e ne controllano l’espansione
Sviluppo di tendenze per segmenti, sottosegmenti e mercati geografici.
Trasformazioni chiave nelle dinamiche di mercato e panoramica.
Analisi di mercato dal 2020 al 2026 insieme ai dati precedenti degli ultimi cinque anni.
Segmenti di mercato e metodi dei principali concorrenti.

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Il mercato Insetti commestibili copre le regioni:
Nord America
Asia Pacifico
Europa
Medio Oriente e Africa
Sud America

Punti salienti del mercato Insetti commestibili:
Scenario storico e attuale
Tendenze e sviluppi
Previsioni di mercato
Analisi e previsione dei prezzi
Analisi delle cinque forze di Porter
Analisi SWOT
Analisi della catena del valore

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Alcuni punti coperti dal TOC del mercato Insetti commestibili:
1. Introduzione
1.1. Ambito della ricerca
1.2. Segmentazione del mercato
1.3. Metodologia della ricerca e acronimi
2. Riepilogo esecutivo
3. Dinamiche di mercato
3.1. Driver di mercato
3.2. Restrizioni del mercato
3.3. Opportunità di mercato
4. Approfondimenti chiave
4.1. Panoramica del mercato globale Insetti commestibili
4.1.1. Per applicazione
4.1.2. Per tecnologia
4.1.3 Per tipi
5. Analisi del mercato globale Insetti commestibili, approfondimenti e previsioni
5.1. definizioni
5.2. Risultati / riepilogo chiave
5.3. Analisi di mercato, approfondimenti e previsioni – Per tecnologia
5.4. Analisi di mercato, approfondimenti e previsioni – per tipi
5.5. Analisi di mercato, approfondimenti e previsioni – Per applicazioni
5.6. Analisi di mercato, approfondimenti e previsioni – Per regioni
Continua ..

Per sommario dettagliato – www.absolutereports.com/TOC/15701068,TOC

egittotoday.com
 
#47
L'Italia in moto: i migliori ristoranti (e trattorie) dove fare sosta
Italia, paradiso dei bikers: una guida dedicata agli appassionati delle due ruote e della buona cucina.
di MARCO CIAFFONE

Alla scoperta dell'Italia su due ruote, grazie a itinerari che, sfruttando la capillare rete di strade statali, attraversano le regioni del Belpaese proponendo tutto il bello e tutto il buono che si trova tra tornanti di montagna, dolci strade di collina e affascinanti percorsi a due passi dal mare. È la Guida Italia in Moto, volume che le Guide di Repubblica hanno realizzato in collaborazione con Anas e che sarà in edicola e in libreria dal 10 agosto. Nel volume sono contenuti centinaia di consigli su dove mangiare a ogni latitudine. Ecco una selezione di ristoranti a “portata di strada”, per fare il pieno di energie prima del viaggio, concedersi una pausa golosa durante il percorso o concludere con gusto la gita.
L'Italia su due ruote (e tante tavole)
Partiamo dalla Valle d'Aosta; la strada statale 26 attraversa tutta la regione portando a scoprire gioielli come il forte di Bard. Ed è proprio la vista su questa storica struttura militare che impreziosisce la sosta da Ad Gallias, dato che la partenza dell'ascensore che sale al colle fortificato è a 100 metri dal locale. Ristorante dell'omonimo hotel 4 stelle, propone una cucina che spazia tra lardo d’Arnad e mocetta con una mousse di castagne, miele e micòoula, un pane dolce di segale e frumento con castagne, fichi secchi e uvetta, agli gnocchetti di spinacino con salsa al Bleu d’Aoste, mele disidratate e granella di nocciole. Nella bella stagione si può anche mangiare all'aperto
Dalla Val d'Aosta alla Val di Susa ed eccoci in Piemonte per percorrere le statali 24 e 25. Nel cuore di Susa incontriamo il ristorante Della Torre, il cui arredamento semplice ed elegante incornicia escursioni di gusto a base di vitello rosato tonnato, agnolotti di carne della tradizione, stracotto, contorni di stagione e bonet. Per gli amanti del mare ci sono piatti come polpo alla mediterranea, pesce spada affumicato, tagliolini alla polpa di granchio e filetti di triglia all'arancia. Tra le più interessanti destinazioni alpine per le moto c'è sicuramente il Passo dello Stelvio, in Lombardia. Percorrendo la strada statale 38 che si arrampica verso l'affascinante serie di tornanti si passa per Bormio; qui un vecchio taulà del '600, con le volte in pietra e tanto legno, è stato ristrutturato per ospitare il ristorante Al Filò. In tavola piatti come la bresaola marinata, lo stinco di suino stufato con verdure e polenta, gli spaghetti caserecci alla chitarra, pesto di zucca al profumo di zenzero e coniglio selvatico cotto a bassa temperatura con pomodorini e verdure.
Scendendo verso il mare, invece, è a La Spezia che inizia il viaggio sulla strada statale 62. Vale però la pena di ritardare la partenza per sedere tra i tavoli di R'Mazelao, dove i panigacci sono affare serio. È un tipo di pane rotondo, non lievitato, fatto a mano e cotto in un testo di terracotta a fuoco vivo, nel forno a legna. Qui li si gustano con prosciutto cotto o crudo, salame, salsiccia cruda, testa in cassetta, lardo e ancora con stracchino o gorgonzola. Se si guarda al Nord Est, in Friuli Venezia Giulia le strade statali 54 e 55 permettono di scoprire il territorio tra Udine, Cividale del Friuli, Pulfero e il confine con la Slovenia. Ed è proprio a Cividale che ci si può immergere tra i filari di vite di Altùris. La famiglia Zorzettig propone qui l'ospitalità di un moderno agriturismo posizionato su una terrazza panoramica naturale. I vini di produzione propria e le birre artigianali del Birrificio Gjulia (anche questo di famiglia) accompagnano una cucina attenta alle tradizioni locali. Non mancano il cestino di frico croccante con prugne e pancetta, il classico frico morbido, gnocchi di ricotta fresca, secondi alla griglia e infine l'originale birramisù della casa.
E in Veneto? Per chi desidera arrampicarsi sul Monte Grappa percorrendo la strada statale 47, il consiglio è di fermarsi a mangiare da Ottone, a Bassano del Grappa. È questo uno storico locale dall’inossidabile fascino mitteleuropeo, il cui nome è un omaggio al mastro birraio Ottone Wipflinger che nel 1865 importò la birra austriaca a Bassano. In menu, le specialità della tradizione a partire dal baccalà alla vicentina con polenta e poi gnocchi, risotti di stagione a cui si aggiungono alcune proposte di mare e succulenti filetti di carne. Si giunge così in Emilia Romagna, terra legata tanto ai motori quanto alla grande cucina. Per chi è alla scoperta del tratto di regione attraversato dalla strada statale 45 la sosta può essere a Rivergaro, tra i tavoli del Caffè Grande, attivo fin dal 1875. L’atmosfera è familiare ma raffinata e la cucina si basa sui capisaldi della tradizione rivisti con un pizzico di fantasia: giardiniera della Betti o culatello con cotenna e pan brioche per cominciare, poi i nodi di pasta carciofi e guanciale, a seguire involtino di coniglio con mandorle e crema di carote. A chiudere è lo zabaione di Vigna del Volta.
Nella vicina Toscana uno dei punti di interesse per i biker è il Passo della Cisa, attraversato dalla strada statale 62. Non distante è la Ca' del Moro, nel territorio di Pontremoli. Dolci prati, ulivi, cipressi, castagni secolari e il fiume Magra incorniciano l'esperienza di una cucina ancorata alla tradizione lunigianese, con qualche piccola rivisitazione: antipasti di salumi, formaggi, torta d’erbi e pasta fritta, tordei olio e parmigiano o pappardelle al ragù di Chianina, coscia d’oca con ciliegie e per finire i baci della zia, con crema al limone e cioccolato bianco.
Dall'altra parte degli Appennini si entra nelle Marche. Giungendo ad Ascoli Piceno per imboccare la strada statale 4 che conduce ai Sibillini ecco la tavola di Osteria Marca Zunica. Piccole sale impreziosite dalle opere d’arte di mostre periodiche in inverno, oppure il cortile interno in estate accolgono gli ospiti di Daniele Zunica. Impossibile non partire con il fritto misto all’ascolana: olive all’ascolana, costolette di agnello, cremini e verdure in omaggio alla tradizione. Per proseguire con lo Spaghettoro Verrigni alici e pecorino, il panino alla mortadella scomposto con cialda di pane, spuma di mortadella ed una mousse di pistacchio, il carpaccio di spalla di maiale con mandorle e mela verde. Entrando nel cuore dell'Umbria invece si può percorrere la strada statale 3, che ricalca il tracciato dell'antica Via Flaminia, e incontrare Foligno. La tappa di gusto qui è Villa Roncalli dove la chef, nella villa del ’600 con camere porta avanti la tradizione di famiglia, raccogliendo il testimone dalla madre, grande interprete della cucina tradizionale umbra. La freschezza e la qualità degli ingredienti, reperiti con attenzione dai migliori produttori della zona e mirate incursioni ittiche dal vicino Adriatico, sono i pilastri della proposta gastronomica, una vera cucina d’autore, dove ogni piatto è realizzato al momento.
Prossima fermata, lago di Bolsena, nel Lazio, lungo la strada statale 2. A Montefiascone spazio alla cucina di Pancino. Tra i primi, preparati con paste rigorosamente tirate a mano, ci sono i tipici ombricelli o le pappardelle, condite con un ragù di cinghiale, bianco o rosso, oppure all'amatriciana, con guanciale artigianale. Tra i secondi non mancano portate a base di cacciagione, carni alla brace e i piatti della tradizione romana come l’abbacchio alla scottadito. In alternativa la pizza, cotta in forno a legna. È il momento di dirigersi verso le vette più alte della catena Appenninica, in Abruzzo. La strada statale 80 “del Gran Sasso d’Italia” passa nei pressi del lago di Campotosto. Una breve deviazione permette di arrivare all'Agricampeggio Cardito di Capitignano, indirizzo immerso tra i boschi, sul valico che divide il lago e la Val Cafasse. Agli spazi attrezzati per tende e camper e ai giochi per i più piccoli si affianca un edificio in legno nel quale si gustano piatti veraci, dalle bruschette con ventricine realizzate con le carni di maiali allevati allo stato brado alla pasta fatta in casa condita con ragù di pecora o all'amatriciana. E poi carni alla griglia accompagnate da patate al forno, senza dimenticare la rinomata mortadella di Campotosto.
Dalla montagna al mare, si giunge in Molise, con le strade statali 647 e 87 che collegano l'entroterra a Termoli. Nel borgo affacciato sull'Adriatico si fa la conoscenza dell'Osteria Dentro le mura, tra pescato del giorno e materie prime da produttori strettamente locali. La minestra di cicale e cicoria, il filetto di spigola gratinata con cipolla caramellata e i moscardini in purgatorio introducono orecchiette ai frutti di mare e lasagna in brodo con sogliola. Imperdibile il brodetto alla termolese, così come la frittura mista e le triglie “alla n gorda”. Proseguendo la discesa sull'Adriatico si giunge in Puglia, e più precisamente sul Gargano. La strada statale 89 passa per Peschici e invita alla sosta al Trabucco da Mimì. Dal 1979 i piatti della casa sono affiancati dall'esperienza di mangiare su questa storica e speciale struttura sospesa sul mare. In tavola polpo fritto, peperoni in agrodolce, salsa arrabbiata, lagane al ragù di cefalo del trabucco, fusilloni, gamberi bianchi crudi e cotti e bisque al rosmarino, baccalà patate e lampascioni al forno, fritto e pescato del giorno.

Trabucco da Mimì

Dall'Adriatico al Tirreno, si arriva in Campania. La strada statale 166 parte da Capaccio Scalo per attraversare il Cilento, toccando località come Castel San Lorenzo. Si può così mangiare all'Osteria da Mucciolone, realtà verace aperta da sette generazioni. In sala c’è Mina, in cucina il marito Antonio, che sotto la supervisione di mamma Rosanna prepara specialità locali come gli ‘scazzatielli’ e ‘bucchinotti’, ma anche ravioli fatti a mano, con la sfoglia stesa come una volta. In Basilicata è difficile resistere alla tentazione del “coast to coast” da Maratea a Policoro, percorrendo le strade statali 18, 585 e 653. Durante la traversata appare Rotondella. Alla Locanda pane e lavoro propongono una cucina locale e curata nella presentazione. Salumi e salsicce, formaggi freschi e stagionati, calzoni, uova strapazzate con peperoni, frizzuli con sughi del giorno, costata di podolica e maialino nero con contorni vari.
In Calabria la protagonista delle gite costiere è la strada statale 106 Jonica, che passa anche per Gerace. Si incontra qui il Lupo Cattivo, ristorante di tradizione locale e regionale. Gli antipasti spaziano fra pomodori secchi, legumi, zeppole, frittelle, funghi, salumi e formaggi. Di seguito si sceglie la pasta fresca della casa variamente condita – come le pappardelle al brasato di cinghiale e funghi - e un secondo di carne o di pesce. In alternativa vi sono le pizze, cotte in forno a legna, fra classiche e speciali della casa, come la tonda condita con caciocavallo, salsiccia, 'nduja e porcini. E arriviamo alla Sicilia, tra il mare e le aree verdi interne, come le Madonie. È intorno al Parco che passa la strada statale 120, toccando borghi come Petralia Soprana, dove si fa la conoscenza di Lu Carmè, ristorantino tipico nel centro storico con una proposta che parte dai prodotti locali. Dopo l'assortito antipasto tipico, arrivano in tavola gli gnocchetti di patate e ortica conditi con ragù bianco, pappardelle fresche con porcini, ravioli ripieni di carciofi con salsa ai funghi, stracotto di manzo, capocollo con patate al forno, agnello con spezie e sale della vicina miniera.
Ultima tappa, in Sardegna. La strada statale 131 attraversa il cuore dell'isola passando per Nuoro. In città ci si accomoda tra i tavoli di Ciusa, per un'escursione di sapori che spazia tra pesce e piatti di terra della tradizione locale. Dopo l’aperitivo al bar della struttura ci si sposta verso la sala, l'ambiente è curato in ogni dettaglio, nel caveau fanno bella mostra di sé vini e prodotti tipici. Si gusta allora il guazzetto del golfo di Orosei su filindeu nero, reinterpretazione della mitica ricetta. Però anche il porcheddu è un must e questo è un posto giusto per assaggiare la pecora in umido.

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#48
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Briatore apre una pizzeria a Montecarlo, ma la sua margherita è un flop: "25 euro per questa pizza?"
Sui social la pizza è stata oggetto di feroci critiche per l'aspetto e per il costo: "Secca, cornicione inesistente, non si può vedere"

Non solo discoteche: Flavio Briatore ha aperto il terzo punto della sua nuova catena di pizzerie, Crazy Pizza, a Montecarlo. Ma la sua pizza è stata sommersa di critiche, soprattutto per il prezzo, che si aggira intorno ai 25 euro. “Il mio panettiere con 30 centesimi la faceva meglio”, si legge in uno dei tanti commenti critici in rete. E ancora: “25 euro per questa pizza? Siamo alla pazzia”.

Le foto delle pizze pubblicate sulla pagina Instagram del locale non sono piaciute: “Se questa sembra un buona pizza forse non ne avete mai assaggiata una come si deve. Secca, cornicione inesistente, non si può vedere”, scrive un utente.

Sebbene la descrizione della catena sia “Una nuova interpretazione della classica Pizza con tutta la passione e lo spirito dell’Italia”, gli utenti hanno ritrovato ben poco della tradizione italiana nell’aspetto della pizza dell’imprenditore: a differenza della classica napoletana, il cornicione risulta bruciacchiato mentre la consistenza di pomodoro e mozzarella è sembrata a molti troppo solida, quasi dura.

Al Crazy Pizza la margherita e altre pizze classiche costano dai 15 ai 18 euro, la focaccia di Recco 19, quella con il prosciutto sale a 20 e quelle chiamate “Crazy”, con ingredienti speciali, hanno costi ancora superiori (come la pizza al Pata Negra, 33,5 euro, o al tartufo, 45 euro). Nonostante siano costi non troppo distanti da quelli proposti da altri locali di Montecarlo, agli occhi degli utenti italiani - che conoscono bene la pizza - sono sembrati alquanto eccessivi.

https://www.huffingtonpost.it/entry...-per-questa-pizza_it_5f3e287bc5b663461580df01
 
#49
A Laterza il pane si prepara come 500 anni fa
di ANTONIO SCUTERI

Nonostante un pizzico di quella magia artigiana si sia persa nei secoli, quello di Laterza continua ancora adesso a essere considerato uno dei pani più buoni d'Italia. Grazie anche alla materia prima: la farina di semola di grano duro rimacinata

Il profumo di pane caldo, e l'odore di legna di ulivo o di albicocca che brucia nei forni, si spargono intensi e persistenti nei vicoli stretti di Laterza, antico centro in provincia di Taranto, arroccato su uno sperone roccioso come una piccola Matera, dalla quale dista pochi chilometri. Oggi, come 300 o 500 anni fa, proprio il pane è il maggior vanto di Laterza, che non a caso fa parte dell'Associazione Città del Pane. Una tradizione qui quasi ancestrale, con i suoi riti e le sue leggende, E con la sua storia, prima nobiliare (per molto tempo solo i ricchi potevano permetterselo) e poi popolare. E, curiosamente, femminile. Fino agli anni Sessanta del secolo scorso, infatti, la produzione nei forni del paese era affidata esclusivamente alle donne, che lavoravano in squadre di 4: a capo del gruppo "a furnele", la fornaia (di fatto la titolare dell'attività, in genere presa in affitto) e alle sue dipendenze tre "fraschere", le operaie. La prima gestiva il forno e la cottura (e teneva i conti), mentre le altre avevano il compito di preparare la legna, ma soprattutto di andare di casa in casa a ritirare l'impasto preparato dalle clienti, e poi riportare loro il pane caldo e fragrante, visto che nelle case era categoricamente vietato cuocerlo e si poteva panificare solo nei forni pubblici.

Certo, nel tempo un po' di quella magia artigiana si è persa. Ma quello di Laterza continua ancora adesso a essere considerato uno dei pani più buoni d'Italia. I suoi segreti? L'affumicatura del legno dal un lato e la maestria, certo, con le ricette che le famiglie di fornai si sono tramandate per generazioni. Ma anche, se non soprattutto, la materia prima: la farina di semola di grano duro rimacinata, ottenuta da frumento coltivato in zona o nei comuni vicini.


Eh già la farina, prodotto che in provincia di Taranto, come un gran parte della Puglia è di casa. La regione infatti è il maggior produttore di grano duro in Italia, con quasi un milione di tonnellate all'anno suddivise in diverse varietà, dal Simeto al Pietrafitta. Grano duro che regala la farina che è alla base della panificazione, ma anche della produzione di pasta di qualità, e che per questo viene esportato ben oltre i confini ed è scelto anche da molti pastifici di Gragnano, oltre che da quelli regionali, che pure sono molti, e rinomati.

Tra le farine più apprezzate, quella prodotta con il grano della selezione Senatore Cappelli, la cui storia è intimamente legata alla Puglia essendo stata creata, nel 1915, nel Centro di Ricerca per la Cerealicoltura di Foggia. Il "papà" di questa varietà così pregiata di frumento duro fu il genetista Nazareno Strampelli, che ebbe il merito di creare questa cultivar (partendo da un grano nord africano) rustica, facilmente coltivabile e con una minore percentuale di glutine. Caratteristiche che ne rendono la farina perfetta per la panificazione e per la pasta artigianale di alto livello. Il nome, così fascinoso, deriva dal fatto che Strampelli ne dedicò la nascita al senatore abruzzese (e marchese) Raffaele Cappelli che a fine Ottocento aveva dato vita alla rinascita e alla rivoluzione dell'attività agraria in Puglia. E che da subito aveva avuto fiducia in Strampelli, sia affidandogli dei terreni e sia sostenendolo economicamente. Una scelta lungimirante, visto il successo ottenuto. Oggi la Senatore Cappelli non solo è prodotta in gran parte delle regioni meridionali, ma rappresenta la base di miglioramento genetico di molte varietà di frumento. E della farina che se ne produce.

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